I faticosi “scambi” tra i partiti di governo

di Paolo Lingua

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I faticosi “scambi” tra i partiti di governo

Sono parecchi e importanti i temi sui quali, in tempi stretti, il governo deve decidere, anche perché, accanto a tutte le precauzioni sul coronavirus, i tempi per la ripresa stringono e la situazione di crisi economica generale è preoccupante. Ma c’è una questione che domina su tutte le altre. Nessuno dei quattro partiti ha interesse ad andare alle urne. L’unico che potrebbe ottenere decorosi guadagni è il Pd, ma rischia di restare “onorevolmente all’opposizione”. Il piccolo Leu rischia di non tornare in parlamento se ci sarà lo sbarramento del 4% come vorrebbe una riforma rimasta per ora appesa. Per i renziani e per i grillini il crollo è inesorabile. Tornerebbero in Parlamento con due terzi dei parlamentari attuali in meno se con addirittura un calo di tre quarti. E questo, comunque vadano i dibattiti e le polemiche, è il ragionamento base da cui partire. Ma adesso proviamo a vedere, punto per punto, come potrebbe evolversi la situazione.

SCUOLA. Al di là della complicata problematica sulla data e sulla modalità di riapertura, tema che incombe perché non si può andare a vanti con ilo sistema della videoconferenza, al quale un belle fetta dei ragazzi e dei giovani non sono in gradi di accedere, assistiamo alla prima vittoria del M5s. In particolare per quel che riguarda la regolarizzazione dell’esercito di insegnanti precari che aspettano da anni di entrare in ruolo. Il Pd, Leu e i sindacati, anche per la situazione del coronavirus, avevano puntato a una regolarizzazione facendo graduatorie sulle base dei punti e delle anzianità messe insieme in questi anni. Provvedimento straordinario un po’ paternalistico ma anche dettato dall’esigenza di regolarizzazione di chi ha subito anni di sostanziali ingiustizie in un momento eccezionale. I renziani e i grillini, una volta tanto stranamente d’accordo, avevano insistito per un concorso estivo vero e proprio, polemizzando contro la eventuale “infornata” paternalistica. Nello Stato si entra per merito: era stato affermato. Il premier Conte, con un po’ di fatica, ha mediato: si farà un concorso, solo scritto, in autunno, tenendo conto ovviamente anche dei titoli. Una via di mezzo che comunque ha segnato un punto a favore del M5s.

GRANDI OPETRE E RIPRESA PRODUTTIVA. E’ probabile che il Pd, con Leu e Italia Viva abbia ceduto sulla questione dei concorsi scolastici per punjtare sulle strategie della ripresa. Il punto-chiave sono, come da sempre, le grandi opere da molto tempo (anche anni) bloccati per eccesso di burocrazia, complessità del sistema di finanziamento e contrasti politici. Si sa che il M5s, a cominciare dalle prime prediche di Grillo, non è mai stato favorevole, puntando a combattere sistemi di trasporti su ferro o su asfalto, per motivi moraleggianti in difesa dell’ecologia, dei sospetti di corruzione e per esaltare la cosiddetta “decrescita felice”: oltre alla famosa questione della Tav che ha visto in campo anche i movimenti alternativi, ne sa qualcosa la Liguria dove sono stati posti ostacoli al terzo Valico ed è stata da sempre bloccata la Gronda. Ora, anche se il ministro De Micheli si sta dimostrando più cauta di quanto invece non si sperava invece all’inizio del suo mandato, è probabile che il Pd, sorretto dalla Confindustria e dal sindacato, la spunti portando a casa una fetta di programma che potrebbe portargli voti e sostegno dell’opinione pubblica. In questo contesto il partito punterà anche a cercare di risolvere l complicata questione (e sempre più intrecciata ogni giorno che passa) dell’ex Ilva, dopo la sostanziale delusione dell’acquisto da parte di Arcelor Mittal. La politica del colosso internazionale della siderurgia appare contraddittoria con aspetti un po’ misteriosi. Voleva acquisire l’ex Ilva per popi chiuderla oppure puntava a tagliare metà dei dipendenti e comunque non spendere troppo per bonificare l’area di Taranto? A questo punto la posizione del sindacato si è fatta, per forza di cose, durissima e intransigente. E allora che farà il governo? Si punterà a far fuori Arcelor Mittal o a lasciargli una partecipazione di minoranza, inserendo quote private (se ce ne saranno) e quote pubbliche, alla maniera della Prima Repubblica. Anche in questo caso, sia sventolando la bandiera ecologista, è probabile che il M5s si faccia da parte.

AUTOSTRADE. Qui si annuncia uno scontro, perché il M5s è contrario a un accordo con la società Autostrade, controllata da Atlantia (Benetton), sin dal crollo del ponte di Genova, puntando alla revoca della concessione da passare all’Anas. Una soluzione che, all’inzio aveva visto contrario il movimento di Renzi, tutto il centrodestra e molto dubbioso il Pd. La vicenda, comunque ci si muova, può dare luogo a una catena di cause di richieste di danni e anche l’impugnazione stessa della revoca, con richieste, anche in questo caso, di grossi indennizzi che sarebbero pagati dalle casse pubbliche. La mossa di Atlantia di chiudere le casse per la manutenzione straordinaria e degli interventi di restauro ha complicato le cose. Il Pd è sempre perplesso sulle ipotesi di uno scontro (stessa linea dei renziani) per le conseguenze economiche e per il rischio di tempi troppo lunghi che blocchino lavori e interventi urgenti di manutenzione. Sembra la stessa opinione del premier Giuseppe Conte, ma la trattativa non sembra troppo semplice, anche perché le opposizioni, sia pure con qualche confusione anche da parte loro, incalzano.

GIUSTIZIA. Anche i magistrati, dopo anni e anni di dure reprimende moralistiche al mondo della politica e delle imprese, hanno infilato qualche sentiero scivoloso, mettendo in mostra qualche caduta ben oltre lo stile. La questione ha coinciso con i dibattiti polemici in Parlamento sulla richiesta di dimissioni al ministro della giustizia Bonafede. E qui si torna al punto delicatissimo, sempre messo in programma, ma mai concluso sulla riforma della giustizia e del sistema dei processi. Anche in questo caso – sia pure con qualche ambiguità di tutti i protagonisti – la radice dello scontro è tra “giustizialisti” (grillini) e “garantisti” (renziani in particolare e, in sostanza, anche il pd) e riguarda la separazione delle carriere (giudicanti e inquirenti), la delicatissima questione della prescrizione e del riassetto dei processi penali e civili. Per ora le posizioni sono su due barricate. La mediazione, se sarà possibile, tocca al premier Conte che, per adesso, vede lontane le elezioni politiche e aspetta, molto all’italiana, l’esito delle regionali e amministrative d’autunno. Forse pensa ad Andreotti che ammoniva:”Meglio tirare avanti che tirare le cuoia”.