Genova, mafia: codici cinesi criptati per organizzare traffico droga
di Redazione
Gli indagati si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere
Per organizzare il traffico di droga dal Sudamerica alla Liguria, Gabriele Silvano, l'imprenditore arrestato insieme al boss mafioso Salvatore Mario Lo Piccolo e altre quattro persone, aveva attivato un canale di trasferimento fondi tramite una rete cinese che operava tramite codici criptati. L'inchiesta, condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Genova e coordinata dalla PM Monica Abbatecola, ha fatto emergere dettagli su questo sofisticato sistema di movimentazione del denaro.
Interrogatori - Nel corso dell'interrogatorio di garanzia, tutti gli arrestati hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, compreso l'avvocato indagato per favoreggiamento, assistito dai legali Stefano Savi e Stefano Bonanni. Silvano, difeso dall'avvocato Nicola Scodnik, è accusato di trasferimento fraudolento di valori con l'aggravante di aver agevolato la cosca mafiosa Tommaso Natale di Palermo, alla quale Lo Piccolo apparteneva (difeso dall’avvocata Laura Razetto). A Silvano si contestano anche estorsione nei confronti della ex moglie, il possesso di quattro pistole e 500 proiettili, oltre alla gestione di un traffico di cocaina insieme a Enrico Bomarsi (difeso dall'avvocato Giuseppe Sciacchitano), il colombiano John Harold Ordonez Garcia (avvocato Mario Iavicoli), e i fratelli ecuadoriani Boris e Victor Maruri Moreira.
Indagini - Secondo le indagini, per trasferire circa 600.000 euro destinati al traffico di droga, il gruppo faceva affidamento sul sistema del “bancario parallelo” fornito dall’organizzazione cinese, come riportato nel provvedimento del giudice Paola Faggioni che ha disposto gli arresti. Questo metodo garantiva trasferimenti sicuri e riservati di denaro all’estero, grazie alla sua totale mancanza di tracciabilità. Il procedimento prevedeva la consegna di contante a un intermediario designato, che poi provvedeva a trasferire i fondi. Gli acquirenti ricevevano un codice (token) che corrispondeva alla serie alfanumerica di una banconota, il cui pagamento veniva confermato con un documento manoscritto controfirmato dall’intermediario.
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