Conto alla rovescia per il vertice romano sul futuro della siderurgia italiana

di Paolo Lingua

3 min, 12 sec
Conto alla rovescia per il vertice romano sul futuro della siderurgia italiana

C’è molta tensione in attesa del vertice romano di domani sulle sorti della siderurgia in Italia. Infatti, il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha convocato a Palazzo Chigi la dirigenza di Arcelor Mittal: si sono aggiunti poi in giornata anche i tre segretari generali dei sindacati confederali Landini, Furlan e Barbagallo. E’ molto difficile far scattare una previsione sull’esito dell’incontro.  Si va dalla conferma della rottura completa alle possibilità – più di una, viste le diverse proposte emerse in questi ultimi giorni – di percorsi per impedire la chiusura dell’acciaieria di Taranto e, di conseguenza, anche di quelle collegate di Genova e di Novi Ligure.

I sindacati non nascondono la loro preoccupazione: la chiusura dei centri siderurgici da sola significa oltre 10 mila posti di lavoro e, tutto sommato, quasi altrettanti con l’indotto. Inoltre, molte imprese dei settori metalmeccanico e navale dovrebbero cercare all’estero lamiere e prodotti in acciaio per le loro filiere (basterebbe pensare al ponte di Genova che Salini Impregilo e Fincantieri stanno ricostruendo appunto in acciaio), con gravi problemi di costi e di trasporti.

Non è del tutto chiara sino a questo momento la posizione della direzione dell’azionariato di Arcelor Mittal: vuole chiudere  definitivamente il contratto e puntare a tagliare molti centri produttivi, come del resto ha già fatto a livello internazionale? Vuole trovare una posizione di compromesso che le consenta un forte taglio del personale? Teme di finire in una sorta di “cul de sac” frutto delle richiesta di una parte della politica della Puglia e del M5s con ingenti spese per il recupero ambientale? Vuole il ripristino dello “scudo penale” per i suoi dirigenti? Sino a ora le mosse della multinazionale non sono state del tutto chiare, anche se, soprattutto per lo scudo ambientale, le mosse del governo sono state tutt’altro che abili e diplomatiche. E qui siano al punto traumatico della discussione (non ancora rissa, ma poco ci manca)  all’interno dei quattro partiti alleati di Governo.

Ci sono i Leu che sono disponibili, in una visione paleocomunista, alla statalizzazione a 360 gradi della siderurgia. C’è la complicata posizione dei grillini, spaccati al loro interno tra i possibilismo (purchè il governo si salvi) di Di Maio che punta a una acrobatica mediazione pur di evitare la rottura assoluta con Arcelor Mittal e la loro ala più radicale (non lontana dal presidente del consiglio Fico) dura sul tema dello scudo penale e con il sogno, neppur troppo nascosto  e vicino alle posizioni del presidente della regione Puglia, Emiliano, di chiudere le acciaierie a Taranto di dar vita a una economia ecologica sempre che sia un progetto reale.

Ci sono poi i renziani che insistono sul ripristino dello scudo penale per levare ogni pretesto di ritiro dal contratto alla multinazionale franco-indiana. C’è infine la comp0licata posizione di Zingaretti che vorrebbe   trovare tutti gli equilibri possibili (o impossibili?) tra tutte le componenti per un finale roseo, mentre i vertici di Arcelor Mittal annunciano che chiuderanno gli altoforni dalla metà di dicembre: realtà concreta o minaccia? C’è infine la posizione del presidente del consiglio Giuseppe Conte, anche lui alla ricerca d’una quadra quasi impossibile, come Zingaretti e, al tempo stesso, oggi quasi sommerso - la metafora ci sta – dall’acqua alta di Venezia, un'altra delle vicende delle incompiute o delle mai risolte vicenda italiane.

I punti interrogativi sul summit di domani sono enormi, forse anche perché non tutti hanno scoperto le loro carte, come quasi sempre accade in vicenda del genere. Inoltre incombono le elezioni regionali e la maggioranza di governo, faticosa e artificiosa, è sotto sforzo. Forze deve sostenere un peso superiore alle sue forze.