Bimbo morto per circoncisione a Quezzi, il santone resta in carcere

di Fabio Canessa

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Aveva detto alle donne di non chiamare l'ambulanza per evitare guai con la giustizia

Bimbo morto per circoncisione a Quezzi, il santone resta in carcere
Resta in carcere Osas Okundaye, il nigeriano di 34 anni accusato di avere effettuato l'intervento di circoncisione che ha causato la morte di un neonato lo scorso 2 aprile a Genova. Lo ha deciso il tribunale del Riesame a cui aveva fatto istanza l'avvocato dell'uomo, Giusy Morabito. Secondo il giudice Massimo Cusatti, Okundaye era stato chiamato dalla mamma e dalla nonna del bimbo più volte nel corso della giornata ed era stato informato delle condizioni del piccolo. Nonostante ciò aveva detto alle donne di non chiamare l'ambulanza "perché avrebbero avuto problemi tutti e tre con la giustizia". L'uomo, dopo essere stato contattato su Facebook, era stato pagato 50 euro, oltre a generi alimentari (olio, patate, birra e whisky). Aveva praticato la circoncisione con una lametta da barba ed era andato via. Dall'esame autoptico era emerso che l'intervento era stato fatto in modo grossolano, togliendo troppa pelle con recisione dell'arteria frenulare. Quando, in piena notte, era stato chiamato dalla nonna per essere informato della morte del piccolo, aveva abbandonato la sua casa in fretta e furia e con la moglie e i figli stava per raggiungere la Francia. Gli agenti della squadra mobile lo avevano arrestato a Ventimiglia. Dalle indagini è emerso che il "santone" era noto nella comunità nigeriana e che aveva praticato altre circoncisioni clandestine ad altri bambini, tra cui il figlio. Secondo il giudice "potrà anche essere valutato se la condotta di Okundaye non possa essere qualificata in modo più grave e cioè come omicidio con dolo eventuale".