Addio a Totò Schillaci, si è spenta la stella delle "notti magiche"

di Stefano Rissetto

2 min, 24 sec

Se n'è andato a 59 anni, stroncato da un brutto male nella sua Palermo, il capocannoniere azzurro di Italia '90, Mondiale chiuso al terzo posto

Addio a Totò Schillaci, si è spenta la stella delle "notti magiche"

Sembrava tutto quel che toccava diventasse oro, in quell'estate delle notti magiche, che poi a rivederla da lontano era magia nera, il Mondiale più facile da vincere chiuso invece al terzo posto. Ha passato il resto della vita finita oggi, Totò Schillaci, stroncato da un brutto male a 59 anni nella sua Palermo, nel ricordo di quell'incantesimo spezzato da un'uscita a vuoto di Zenga e dal monaciello di Napoli. "Non si può tifare contro chi ti ha salvato la vita" dice sempre Paolo Sorrentino, ricordando quella semifinale del San Paolo, che aveva impedito a Schillaci e all'Italia di prendersi la Coppa del Mondo.

E' andata così. Il ragazzo palermitano che sfiorò la gloria non è arrivato a sessant'anni, li avrebbe compiuti a dicembre. Ha vissuto un soffio di vita in più di quel Gianluca Vialli a cui aveva strappato via il posto di centravanti di un'Italia guidata da Azeglio Vicini, ex sampdoriano forse timoroso di schierare i "suoi", dal centravanti cremonese a Mancini, da Vierchowod a Pagliuca.

Schillaci era cresciuto nel Messina di Franco Scoglio. "Mi diceva sempre un concetto base: fai quello che vuoi e gioca come ti senti". Ma il vero salto di qualità avvenne con l'avvicendamento al "Celeste" tra un professore e l'altro, tra l'eoliano passato al Genoa e Zdenek Zeman: sotto la guida del boemo, Schillaci segnò 23 gol in B guadagnandosi la chiamata della Juventus, dove avrebbe realizzato 15 reti in 30 gare.

Partecipò così al Mondiale, dove avrebbe vinto la classifica cannonieri con 6 reti, una per partita. Aveva però rinunciato a far parte dei rigoristi nella maledetta serie contro l'Argentina. "Ci sono periodi nella vita di un calciatore nei quali ti riesce tutto. Basta che respiri e la metti dentro. Per me questo stato di grazia è coinciso con quel campionato del mondo. Vuol dire che qualcuno, da lassù, ha deciso che Totò Schillaci dovesse diventare l'eroe di Italia '90. Peccato che poi si sia distratto durante la semifinale con l'Argentina. Una disdetta: abbiamo preso solo un gol in quell'edizione dei mondiali, e quel gol ci ha condannato".

Mezzanotte era arrivata, la favola era finita. Alla Juve, nella patafisica gestione di Maifredi, Schillaci durò poco e la sua storia bianconera finì proprio con l'arrivo di Gianluca Vialli. Si disse che la dirigenza della Juve non avesse gradito la separazione dell'attaccante dalla moglie Rita. Quindi l'Inter, infine il Giappone, più lontano sarebbe stato impossibile. Rimase nel mondo che lo aveva lanciato solo come gestore di una scuola calcio. Un passaggio in consiglio comunale a Palermo, qualche comparsata al cinema e in tv, un'Isola dei famosi e un Pechino Express. Ora scende l'oscurità della pietas e del mistero sulle notti magiche e sul suo eroe, lontano e solo. Chi gli ha fatto le carte lo ha chiamato vincente, ma lo zingaro è un trucco.