Vialli, vivere e volare

di Giampiero Timossi

5 min, 31 sec

Il commento del direttore Giampiero Timossi pubblicato sul numero odierno del quotidiano "Il Foglio"

Vialli, vivere e volare

"Ho 53 anni, sto meglio, sto riprendendo il mio peso forma”. Quel che resta un anno dopo di Gianluca Vialli è la vita di un uomo onesto, la storia di chi non sa lasciare indietro i compagni di viaggio. La prima volta che parlò della sua malattia, almeno in pubblico, fu nell’aprile di sei anni fa, in coda a un’intervista. Lo fece a modo suo, come tutti, ovvio. Solo che il suo modo era speciale. “Sto meglio”, non importa se fosse vero, falso, inventato, creduto, era la visione, la prospettiva, la consapevolezza di quanto fosse necessario condividere il dolore, per renderlo almeno più sopportabile, senza badare al fatto che fosse ineluttabile.

Gianluca Vialli ha lasciato il pianeta Terra la notte del 5 gennaio di un anno fa, la notizia arrivò il giorno dopo, Epifania nera. Adesso la tentazione da tenere a bada è quella di dire lo ricordo così o peggio ancora era così, presunzione diffusa, quando invece basta mettere insieme le immagini: le salite in bicicletta per andare a Bogliasco ad allenarsi, l’inglese perfetto, i maglioni sformati su un paio di jeans, il genovese improponibile, il sorriso di chi sapeva sorridere, la cameretta di Cremona dove tornare a dormire con i fratelli anche quando tornava dalle prime trasferte in Nazionale, un pallone, le maglie di Cremonese, Samp, Juventus, Chelsea, le mazze da golf, i giubbotti da manager dei Blues e del Watford, il bagaglio a mano, i polsini slacciati delle camicie, il gessato impeccabile, i riccioli ieri, le giacche doppietto alla Mounhtbatten, la cap, la battuta improvvisa come un’insegna che s’illumina a Piccadilly Circus, forza dentro, che diventava eleganza mai ostentata.

Un anno dopo a Gianluca Valli hanno intitolato una nave per trasportare grano battente bandiera della Barbados, una petroliera che batte bandiera di Singapore, un settore dello stadio di Cremona, centri sportivi, un viale a Rapallo dove il sindaco Carlo Bagnasco è stato il più lesto di tutti e il fatto che sia di stretta osservanza sampdoriana è dettaglio, Vialli è davvero patrimonio di tutti. Gianluca, cittadino del mondo, nato nella ricca Cremona, poi londinese, ma a modo suo sempre genovese, anzi bogliaschino, borgo del primo Levante dove il vento in faccia ti fa apprezzare il profumo delle difficoltà e il mare che sta davanti t’allarga l’orizzonte.

Vialli lo ricorderanno qui, al Teatro Carlo Felice, un anno dopo, nel teatro dove cantò pure il suo Creuza de ma Fabrizio De Andrè, che il pianeta Terra lo lasciò l’11 gennaio di venticinque anni fa. Pensate sia un azzardo, ma Vialli era anche questo, un poeta del gol, ermetico e futurista. Era una rockstar, cresciuta in fretta e cresciuta bene. “Non chiedetemi cosa significa essere famoso, lo ero a 17 anni”, racconta Mick Jagger in una lunga e recente intervista. Sono quelli che non si mettono sul piedistallo, ma ce li mettono. La loro forza è che a quel punto sanno bene come non cadere, fino alla fine.

Anche Vialli aveva i suoi magnifici eccessi, per esempio eccedeva in intelligenza. “Era il calciatore  più intelligente che abbia mai conosciuto. Anzi, ricominciamo: è la persona più intelligente mai conosciuta, che poi decise di fare il calciatore”, racconta Enzo Tirotta, uomo ruvido, ma decisamente sveglio, capace di fotografare le persone come di intonare ieri e oggi i cori della sampdoriana Gradinata Sud. Uno, per capirci, che di Vialli aveva probabilmente le chiavi del cuore e sicuramente quelle della "sua" casa genovese, in vendita da qualche settimana. “Un po’ ne ho conosciuti, almeno un centinaio e dire che sono diversi da quelli di oggi non è vero, i parametri non cambiano, i contesti neppure, negli ultimi anni hanno solo più mezzi, per farsi conoscere e quindi per farsi spesso più male. Volete un podio? E va bene: Vialli, Platini e Cruijff. Uomini applicati al pallone.

Quel che resta di Gianluca Vialli è anche questo, definirlo un uomo onesto può apparire banale, ma in realtà è il giusto peso di un aggettivo bistrattato da un pezzo, in fondo dagli Eroi Eponimi delle dieci tribù attiche e siamo intorno al 338 avanti Cristo, anno più, anno meno. L’onestà è un valore laico e Vialli è e resterà un uomo capace di diventare eroe laico, nella salute e nella malattia, nelle sale di Stamford Bridge e dello Juventus Stadium, dello Zini a Cremona e in un magnifico angolo di mondo che nel gennaio di un anno fa riempì di fiori e ricordi i piedi della gradinata di Marassi. Ora che non è più qui lo ricorderanno un po’ ovunque e lunedì nella sua Genova ritroverà gli amici di sempre, come Massimo Mauro che con lui ha condiviso green e beneficenza e ha appena detto “lo ricordo, ma con allegria, perché a lui sarebbe piaciuto così” o Attilio Lombardo che con il suo “amico Luca” ha vinto tutto perché “credetemi è fortissimo, è sottovalutato” diceva chi non c’è più, tanto forte da conquistare insieme scudetto alla Samp, Champions alla Juve e un ultimo indimenticabile Europeo insieme nello staff e Roberto Mancini. Già, “Luca Vialli e Bobby gol…”, quanto bene si sono voluti e si vogliono, perché sono cresciuti insieme, perché quando uno si stufò di fare l’ala destra e diventò centrattacco, l’altro si tolse la casacca numero nove per diventare un 10 da fantascienza.

Ecco, siamo all’ultimo capitolo di una storia ancora da  scrivere. Lunedì sera farà tappa al teatro genovese della lirica, dove suonò anche De Andrè. In faccia c’è il palazzo della Regione e quando un anno fa si illumino con il volto di Gianluca, i genovesi presero una candela e senza badare alla fede andarono in piazza De Ferrari a salutare un loro amico. “Here am I floating round my tin can/Far above the Moon/Planet Earth is blue/And there’s nothing I can do”, cantava il Duca David Bowie, un’altra rockstar volata via. “Mi senti……/Sono qui che galleggio attorno al mio barattolo di latta/Lontano sopra la Luna/Il pianetaTerra è blu/E non c’è niente che io possa fare”. Però tu sì e allora butta giù uno sguardo, eroe onesto.