Sampdoria, Garrone a Telenord: "Ferrero fu un errore. Il piano Barnaba è l'unica via di uscita"

di Maurizio Michieli

L'ex presidente: "Tornassi indietro non avallerei l'operazione del 2014 ma la società può ancora essere salvata: ecco come"

"La cessione della Sampdoria a Massimo Ferrero fu un errore. Mi ritrovai tra l'incudine della tenuta della mia famiglia e il martello delle reazioni della piazza: dovetti scegliere l'incudine. Ma commisi un ulteriore sbaglio, compiendo un atto di eccessiva fiducia verso chi mi propose questa soluzione".

L'INIZIO - Era il 12 giugno del 2014. Edoardo Garrone, allora presidente della Samp, stava portando avanti il suo piano di ricostruzione della società e della squadra dopo la fine del ciclo guidato dal padre Riccardo, scomparso il 21 gennaio del 2013. In mezzo c'erano state la retrocessione in serie B e l'immediata risalita in A. Dopo erano arrivati Sinisa Mihajlovic in panchina, Ariedo Braida dietro la scrivania dell'area tecnica, il commercialista sampdoriano Stefano Remondini ai conti e la trattativa quasi conclusa per l'acquisizione di prestigiosi spazi al Porto Antico in cui allestire il Museo Samp Doria.

Tutto sembrava, tranne che una fase di dismissione e disimpegno da parte della dinastia che era subentrata ai Mantovani per onorare un impegno nel momento in cui la Sampdoria, già in cattive acque finanziarie, stava per scivolare in serie C e nelle grinfie di una tentata truffa con probabile fallimento. Poi, accadde l'imponderabile. E, quello che segue, dopo la "confessione" iniziale, è il racconto dettagliato di quella storia, a tratti oscura, a volte indecifrabile, spesso grottesca. Il fumo che l'accompagna non è quello del sigaro abituale, ma di una sigaretta elettronica che "sbuffa" a ogni cambio di pagina. La finestra resta chiusa, quasi a voler cristallizare in quello spazio la "verità". La verità di Edoardo Garrone, il cui sguardo ogni tanto si distacca dal flusso della narrazione per orientarsi al futuro: "A quanto è in mio potere fare per salvare la Sampdoria, come ho tentato, ripetutamente, con il compianto Vialli". Ma andiamo con ordine.

LA CRISI ECONOMICA E LE ACCUSE - Era un momento di seria difficoltà per la Erg, l'azienda di famiglia dei Garrone-Mondini che avevano venduto una parte della raffineria Isab ai russi di Lukoil ma che a seguito della crisi post Lehman Brothers e del crollo dei margini registrava perdite da 100/150 milioni all'anno. Nel dicembre del 2013 sul Gruppo si erano addensate anche le nuvole di un'inchiesta giudiziaria, condotta dal Pm Paolo Ielo, per una presunta frode fiscale da 800 e più milioni. Un'accusa che avrebbe richiesto "tempo e risorse per difenderci, pur nella convinzione che si trattasse di una situazione dalla quale saremmo usciti indenni, vista la trasparenza del nostro modus operandi". La qual cosa avvenne, con l'archiviazione del procedimento in data 11 novembre 2019. Una notizia a cui non venne dato risalto dai media (anche se riportata dettagliatamente nella relazione al bilancio Erg del 2019) come invece a quella delle accuse, poiché la stessa azienda genovese scelse di gestirla con discrezione: "Non c'era bisogno di rimarcare la nostra correttezza, ci bastava che l'avessero appurata i magistrati". 

LA RICERCA DI UN ACQUIRENTE - Nel frattempo la Samp "drenava" dalla San Quirico, la holding delle famiglie Garrone-Mondini, i due terzi delle risorse disponibili per investimenti e dividendi alla famiglia (20-25 milioni all'anno). Tanto che il budget a disposizione di Edoardo Garrone per la gestione della società blucerchiata dopo la rovinosa caduta in serie B (un bagno di sangue da 50 milioni, anche perché all'epoca il cosiddetto "paracadute" era di 6) venne dimezzato: da 20 a 10 milioni. La Sampdoria, va detto, era stata già messa sul "mercato" da alcuni anni, anche con Riccardo Garrone in vita, ma non si erano manifestati compratori.

Le pressioni della famiglia, per la somma delle ragioni che abbiamo descritto sopra, cominciarono ad aumentare in maniera esponenziale. E paradossalmente, per quanto poco sia sempre filtrato circa le schermaglie interne (il detto che i panni "sporchi" si lavano in casa vale per tutti), risulta che queste pressioni fossero soltanto in minima parte riconducibili al ramo genoano della famiglia. "Mio cugino Giovanni (Mondini, n.d.r) l'ho sempre avvertito come un alleato, mai come una controparte", rivela Garrone.

LA TRATTATIVA - In questo contesto da Roma - ed è storia nota - arriva dall'avvocato Simone De Martino, marito della sorella di Edoardo - la segnalazione che uno dei soci dello studio, l'avvocato Antonio Romei, avrebbe trovato tra i suoi clienti un potenziale acquirente per la Sampdoria. "Qui commisi un nuovo errore - ammette Garrone - ovvero quello di rifiutarmi di prendere parte al negoziato e di delegarlo ai manager della San Quirico e agli advisor, di non pretendere di verificare sino in fondo la solidità e l'affidabilità di Ferrero e approfondire la due diligence e fidarmi dei riscontri (i famigerati "filtri", n.d.r.) ricevuti".

Non era ancora sbocciato l'interesse dei Fondi di investimento per il calcio italiano, quello sarebbe maturato dopo con l'incremento del 30% dei ricavi provenienti dalla cessione dei diritti televisivi. Così sembrò quasi normale che un imprenditore cinematografico fosse interessato ad entrare nel mondo del calcio e avesse scelto proprio la Sampdoria. "Vidi Massimo Ferrero una sola volta e poi a giochi fatti il giorno del passaggio di consegne", svela Garrone.

LA FIGURA DI FERRERO - L'obiezione sorge spontanea: avrebbe dovuto bastare anche un solo incontro per soppesare il soggetto al quale si stava per affidare un bene prezioso come la Sampdoria. Tra l'altro, alla cifra simbolica di un euro, ma che si tradusse per le casse della San Quirico in un risparmio di circa 14 milioni all'anno dopo l'abbattimento del budget. "Può sembrare strano, ma Ferrero è peggiorato rispetto a come si era proposto inizialmente: il calcio può dare alla testa. Monitoravo i primi bilanci e vedevo che le cose andavano bene, al di là delle crescenti esibizioni quantomeno pittoresche del personaggio".

L'INGRESSO IN SCENA DI VIALLI - La storia si protrae sino al 2018, con un bilancio della Sampdoria che si chiude con un +12 milioni e Gianluca Vialli, che insieme con l'amico Fausto Zanetton attraverso la cosiddetta spac (Special Purpose Acquisition Company) Tyfosi Capital si interessa alla società blucerchiata con il sostegno dei finanzieri statunitensi Jamie Dinan e Alex Knaster. "Per questo in piazza tra i tifosi affermai che la Sampdoria era un bene contendibile e che se Ferrero non avesse venduto allora sarebbe stato un pazzo... Pronunciai anche un'altra frase, è vero: farò quanto in mio potere, qualora un domani ce ne fosse bisogno, per non farla fallire. Che è diverso dal dire sinché ci sarò io non fallirà. Esistono delle regole, delle leggi e vanno rispettate".

Era il momento giusto per uscirne, ma la popolarità evidentemente aveva talmente travolto Ferrero da fargli rifiutare una prima proposta da 72 milioni, di cui 45 al closing. E poi, quando i debiti erano cresciuti e la squadra con Di Francesco in panchina si era ingarbugliata raccogliendo 3 punti in sette partite, una seconda proposta di acquisto leggermente inferiore (comunque equiparabile considerato l'aumento dei debiti "ma con l'ombrello di un'ulteriore protezione di 20 milioni da parte nostra in caso di eventuale retrocessione in serie B".

I CONTI FUORI CONTROLLO - Da quel momento la situazione comincia a prendere una piega molto negativa: gli errori sul mercato (Jankto, La Gumina, Torregrossa), la crescita esponenziale dei costi per i procuratori (2,9 milioni durante la gestione Garrone, sino a 11,5 sotto quella di Ferrero), la pandemia che interrompe l'attività (ma consente anche di ottenere ulteriori prestiti garantiti dallo Stato) ed il mancato trading dei calciatori (con le relative plusvalenze) aggravano i conti della Sampdoria.

Nonostante questo Vialli non si arrende ed il 27 ottobre del 2022 torna ad avvicinarsi alla Sampdoria provando a coinvolgere James Pallotta, ex proprietario della Roma, attraverso il manager calcistico Franco Baldini, padre dell'attuale ds blucerchiato Mattia. Ma Pallotta giudica la situazione del gruppo Ferrero troppo complessa, intricata e rinuncia ad ogni genere di trattativa.

Poco più di un mese prima, il 15 settembre, Gianluca Vialli, convinto dall'ex compagno Ivano Bonetti, partecipa anche ad un incontro in un ristorante con Francesco Di Silvio e due sedicenti mediatori di uno sceicco della famiglia Al Thani. Nel pomeriggio il gruppo si sposta in un luogo riservato, dove li attende Edoardo Garrone, a cui Vialli si è di nuovo rivolto per avere un appoggio nell'amorevole e disperata rincorsa alla presidenza della Sampdoria: il suo sogno, prima della fine.

La conversazione si svolge in francese ma sono sufficienti pochi ed elementari approfondimenti per appurare che si tratta di un bluff: non esiste nemmeno un preliminare di accordo di compravendita e tutto dovrebbe basarsi solo sulla... fiducia. Vialli, se l'operazione fosse realmente esistita e poi andata in porto, avrebbe acquisito il 10% delle azioni della Samp, per un valore di circa 25 milioni, a patto che ne diventasse il presidente. L'onere finanziario sarebbe stato assorbito da un patto tra i due amici, Luca ed Edoardo: "Mi ha fatto molto male ricevere l'accusa di avere sottratto a Vialli il suo sogno. Ma per rispetto della sua memoria questa pagina, fatta di messaggi, telefonate e confidenze, rimarrà sepolta per sempre nei miei archivi". Il resto è tristemente noto e ripercorrerlo significa solo alimentare un dolore aperto ed insanabile.

I GIORNI DELLA VERITA' - La vicenda approda ai giorni nostri, con le manovre ancora in atto da parte dell'attuale proprietario della Sampdoria per ottenere da Banca Sistema, entro la scadenza del 30 aprile, un prestito obbligazionario convertibile in azioni a 18 mesi dell'importo di 35 milioni: appena sufficienti, forse, per arrivare al 30 giugno con Ferrero ancora proprietario. E poi? Per la società blucerchiata si spalancherebbero comunque le porte del baratro, dell'impossibilità di garantire la continuità aziendale. "Un'operazione non sostenibile", dichiara l'ex presidente.

IL PIANO BARNABA - Ecco perché,  secondo Garrone che lo asseconda, il "piano Barnaba" (predisposto da Alessandro Barnaba di Merlyn Partners, già proprietario del Lille in Francia) costituisce, salvo clamorosi e inattesi colpi di teatro, l'unica soluzione possibile per il futuro della Sampdoria: sul tavolo, attraverso una procedura di concordato in continuità, ci sono circa 70 milioni: 35 per l'acquisizione del ramo sportivo dell'azienda Sampdoria, 35 per gli investimenti e la ripartenza dalla serie B. Il ramo sportivo (la cosiddetta good company) comprende il titolo sportivo, l'impegno a garantire il lavoro ai dipendenti di Corte Lambruschini, i debiti con gli altri club, i mutui di Bogliasco). Il ramo fallimentare (la bad company) racchiude i debiti con le banche ed il fisco. Che, sia chiaro, sono destinati comunque alla liquidazione, cioé ad andare perduti e a non essere incassati, sia che si salvi sia che non si salvi il ramo sportivo.

In queste ore è stata anche rilanciata da Milano Finanza l'ipotesi che, in caso di fallimento della Sampdoria, Edoardo Garrone possa essere chiamato a risponderne in veste di amministratore occulto del club. Una ricostruzione che non viene neanche presa di considerazione, essendo valutata come destituita di ogni fondamento.

LA MISSIONE A ROMA - Il progetto consente invece di sottrarre la Sampdoria ad un eventuale rischio di revocatoria connesso alla situazione di Eleven Finance srl, l'azienda immobiliare e cinematografica di Massimo Ferrero in attesa di ammissione al concordato preventivo (in forte dubbio). Solo il Tribunale, infatti, può mettere il timbro per scongiurare una revocatoria all'acquisizione della Sampdoria. Ma il tempo stringe, oggi parte del Cda della società blucerchiata è a Roma per sottoporre il piano alla Figc, che deve valutarne la compatibilità con le norme federali. Compresa la disponibilità del paracadute in presenza della retrocessione in serie B (25 milioni, di cui appena 5 già scontati a bilancio: ne restano comunque 20, che alleggerirebbero il peso dell'investimento di Barnaba).

In base all'esito di questo vertice, il Consiglio di amministrazione della Sampdoria potrebbe anche portare i libri contabili in Tribunale prima della conclusione della composizione negoziata (6 giugno), qualora accertasse l'impossibilità di onorare le imminenti scadenze finaziarie e quindi di garantire la continuità aziendale. Una mossa concordata con il "negoziatore" Bissocoli, che ovviamente può anche anticipare sua sponte la chiusura della composizione ma solo dopo averne appurato l'irrealizzabilità.

L'APPELLO - "La Sampdoria può essere salvata solo così - conclude Garrone - e a chi grossolanamente sostiene che debba farlo io dando i soldi a Ferrero sfugge il fatto che la legge non consente di compiere investimenti in perdita. E la Samp lo è. Non solo noi ma nessuno potrà mai effettuare un'operazione del genere, al di fuori delle norme. Per questo se il piano Barnaba non andrà a buon fine, alla Sampdoria non resteranno che il fallimento e la serie D".

Il racconto si ferma qui. Resta da apporre un finale alla storia, il cui titolo potrebbe essere: "Se tornassi indietro". Ma il passato non torna, per cui contano soltanto il presente e, soprattutto, il futuro della Sampdoria. Il tempo è (quasi) scaduto.