Sampdoria, ecco la lettera ai creditori sulla ristrutturazione del debito: offerto tra il 35 e il 45% del dovuto, risposte entro mercoledì
di Redazione
Obbligatorio raggiungere il 60% delle adesioni, poi toccherà alle banche. Senza accordo, non c'è l'investitore per il salvataggio della società
Di Maurizio Michieli
e Stefano Rissetto
Cinque giorni, da ieri (19 maggio) a mercoledì (24 maggio). Cinque giorni in cui si deciderà (in parte) il destino della Sampdoria. Proprio nella giornata di venerdì, infatti, sono partite da Corte Lambruschini alcune centinaia di pec rivolte ai creditori, i cosiddetti fornitori chirografari, ovvero coloro che non sono assistiti da cause di prelazione, con la proposta di ristrutturazione del rispettivo debito.
Il rimborso proposto, si legge nella lettera, è incluso "in un range tra il 35% e il 45% del valore nominale, con pagamento dilazionato in tre rate annuali di pari importo, con pagamento della prima rata entro 15 giorni dal passaggio in giudicato del decreto di omologa dell'Accordi di Ristrutturazione". Il tempo per aderire a questa proposta è appunto di 5 giorni e scade mercoledì 24 maggio, a 48 ore dalla convocazione della prima assemblea straordinaria degli azionisti. Entro quella data i fornitori dovranno rispondere, attraverso una pec inviata alla stessa Sampdoria o all'Esperto avvocato Eugenio Bissocoli, se accettano o respingono la proposta. Raggiunta l'eventuale soglia del 60% di sì, l'efficacia dell'accordo verrebbe automaticamente estesa, in base alla legge, anche al restante 40% di contrari.
Per convincere i fornitori, che la società ha provveduto a suddividere in categorie omogenee per posizione giuridica e interesse economico, la Sampdoria scrive: "Si ritiene che tale soluzione sia la migliore ragionevolmente praticabile, anche tenuto conto che in uno scenario di liquidazione giudiziale con liquidazione atomistica e perdita del titolo sportivo non residuerebbero risorse sufficienti nemmeno per il pagamento integrale del privilegio di primo grado e, conseguentemente, il soddisfacimento dei creditori di rango inferiori (ivi inclusi quelli della Vostra categoria, sarebbe pari a zero)".
In soldoni significa che se questo accordo viene respinto, la Sampdoria fallisce e i creditori non solo non recuperano tra il 35% e il 45% del loro credito ma perdono tutto. Non solo. La società blucerchiata, per persuadere ulteriormente i fornitori operativi della "bontà" della proposta, ha allegato alla proposta stessa di ristrutturazione del debito anche il piano industriale e la proposta di manovra finanziaria sino al 2026 che, se resa operativa, consentirebbe loro di continuare a lavorare con e per la Sampdoria anche nei prossimi anni. Il piano prevede il ritorno in serie A al massimo entro due anni.
Ma affinché tutto ciò sia possibile - va specificato - è necessario che esista un investitore disposto a sottoscrivere in assemblea l'aumento di capitale da presentare al Tribunale per l'omologa. E l'imprenditore esiste soltanto se prima va in porto l'accordo di ristrutturazione del debito. Dunque, chi pensasse di respingere la proposta di ristrutturazione pensando poi di recuperare tutto rischierebbe di restare con in mano un pugno di mosche. Anzi, è certo. L'Alessandro Barnaba di turno (con il supporto di Edoardo Garrone), tanto per fare i nomi più accreditati e solidi, prima di investire nell'aumento di capitale vogliono avere in tasca l'accordo di ristrutturazione del debito con i fornitori. Senza accordo, non c'è ricapitalizzazione e senza ricapitalizzazione c'è il fallimento della Sampdoria in primis ma anche di molti suoi fornitori. E chi non fallisse, perché in grado di assorbire il colpo, andrebbe comunque incontro a una crisi non riscuotendo almeno in parte il credito che vanta con la società blucerchiata.
Giova ricordare la posizione espressa proprio a Telenord da Edoardo Garrone (https://telenord.it/sampdoria-garrone-a-telenord-ferrero-fu-un-errore-il-piano-barnaba-e-l-unica-via-di-uscita-55883). Chi si aspettasse il deus ex machina che risolva la situazione un attimo prima del fallimento resterebbe deluso. A meno che non comparisse davvero all'ultimo sulla scena un soggetto disposto a buttare 250 milioni nella Sampdoria, passando dal Trust, assolvendo agli obblighi con tutti i creditori, accollandosi l'intero debito di lungo periodo, ricapitalizzando la società e infine investendo per il rilancio della squadra e del club ripartendo dalla serie B. Uno scenario affascinante ma allo stato attuale immaginifico. Ecco perché tutti devono essere concreti, realistici e pratici. I voli pindarici portano contro un muro.
Se invece mercoledì il Cda della Sampdoria e l'Esperto avvocato Bissocoli avranno in tasca l'accordo di ristrutturazione del debito con i fornitori, il passo successivo sarà quello di convincere le banche (in particolare Macquarie e Sistema) a concedere una rimodulazione del debito. Un ruolo determinante lo giocherà soprattutto Sace, Ente di Stato che ha firmato le garanzie per il 90% del finanziamento erogato. Le difficoltà non mancano, ma filtra anche un velo di ottimismo. E' vero che il debito è garantito, ma i tempi dell'eventuale rimborso alle banche sarebbero molto lunghi, giacché Sace per legge dovrebbe esperire una dettagliata due diligence sui contratti di garanzia stipulati. Ecco perché anche agli Istituti di credito potrebbe convenire non "portare" la Sampdoria al fallimento ma accettare un piano di ristrutturazione del debito compatibile.
Il tempo è tiranno e non gioca a favore della Sampdoria. E, naturalmente, bisogna mettere in conto i probabili contenziosi con Ferrero (azionista di maggioranza) e Vidal (Trustee). Ma esiste ancora un margine per il salvataggio. E il conto alla rovescia è cominciato ieri, 19 maggio. Una data che per i tifosi blucerchiati ha un significato che, a questo punto, assume anche un elevatissimo valore scaramantico.
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