Rixi: "Porti, serve profonda revisione normativa piuttosto che vendere ai privati"
di Stefano Rissetto
In merito alla proposta di Tajani, il viceministro cita l'esempio ellenico: "In Grecia la vendita ai privati ha portato la Cina a controllare il Pireo"
"La soluzione per rilanciare il nostro sistema portuale non può essere la privatizzazione". Edoardo Rixi, viceministro alle Infrastrutture e Trasporti e leader ligure della Lega, interviene nel dibattito aperto al Meeting di Rimini da Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri. Su Twitter l'esponente di governo scrive: "Serve una profonda revisione più che vendere ai privati. Può esserci dibattito sul progetto di riforma portuale dopo che la legge delega nei prossimi mesi sarà portata in Parlamento, dando al Governo la possibilità d’affrontare il tema per il controllo del sistema".
Nel corso dell'annuale kermesse romagnola di Comunione e Liberazione, il capodelegazione al governo di Forza Italia aveva parlato di "privatizzazione dei porti", per fare cassa e trovare fondi per il bilancio dello Stato, dicendosi pronto a valutare “anche un disegno di legge” per liberalizzare gli scali, parlando di “Authority spa” con una “quota di garanzia da parte della Cassa Depositi e Prestiti” e “i privati tra gli azionisti", sottolineando di fare riferimento solo a “concessioni".
Scagliato il sasso nella quiete estiva della politica, Tajani era stato immediatamente fermato dall'altro vicepremier Matteo Salvini, superiore di Rixi al ministero: "La privatizzazione dei porti non è nell'agenda del governo". A puntualizzare nei dettagli la posizione del partito ai cui vertici ci sono proprio Salvini e Rixi, è il viceministro genovese in un'intervista al "Riformista", il quotidiano un tempo dalemiano e ora con Matteo Renzi direttore politico.
Rixi si oppone alla "vendita di asset fondamentali a singoli operatori privati". Il viceministro fa l'esempio di alcune realtà straniere come il porto di Amburgo, dove Comune e Land "danno vita a una sorta di "contaminazione" delle autorità portuali, ma questo può avvenire solo in grandi realtà... in Spagna il Puerto del Estado esegue la politica portuale del governo coordinando e controllando l'efficienza del sistema portuale". Quindi, il viceministro cita l'esempio-spauracchio: "In Grecia, invece, la vendita ai privati ha portato al controllo cinese del Pireo".
Quindi? "In Italia bisogna capire quindi quale strada seguire, probabilmente elaborando un modello che metta insieme la capacità di coordinamento spagnola col radicamento territoriale tedesco, evitando gli errori dei greci".
"Il principio - insiste Rixi - è che il porto deve rimanere un bene al servizio dell'economia di tutto il Paese. Soprattutto in Italia, seconda industria manifatturiera e terza economia agricola della UE, che ha una grande necessità di esportazione e deve gestire i canali di approvvigionamento. La riforma deve essere ben strutturata all'interno del nostro ordinamento giuridico".
Preso atto della proposta di Tajani, Rixi conferma che la riforma portuale sarà oggetto di dialettica: "Per quanto riguarda il confronto all'interno del centrodestra, è ovvio e sottinteso che dialogheremo con tutti. Una riforma portuale deve avere un'ampia condivisione, anche coinvolgendo le forze dell'opposizione".
Il viceministro sottolinea "l'importanza di mantenere in mano pubblica le giuste leve che consentano di agevolare investimenti privati, senza però far diventare i nostri porti un "supermercato". C'è una grande differenza tra subire o gestire le pressioni economiche. La privatizzazione dei porti potrebbe creare situazioni di monopolio che in passato abbiamo vissuto in modo negativo".
"Il ministro Tajani ha ragione- conclude Rixi - quando dice che l'Italia deve aumentare il gettito fiscale generato dai porti. Il punto è che non lo si fa vendendoli, ma creando le condizioni affinché siano più efficienti".
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