Regionali, Gambino (FdI): "Basta darmi del fascista sui social, ora comincio a querelare"
di Stefano Rissetto
"Etichettarmi come fascista è un insulto gravissimo che offende non solo me, ma la memoria collettiva di un popolo che ha lottato per la libertà"
Sergio Gambino, assessore genovese alla Sicurezza, Protezione Civile e Polizia Locale, accusato di filofascismo sui social, dice basta e annuncia querele: "Quando l'odio supera il dissenso: difendere la verità contro accuse infondate"
“In questi sette anni di impegno politico, prima come Consigliere Delegato e poi come Assessore alla Sicurezza, Polizia Locale e Protezione Civile, ho sempre affrontato le sfide del ruolo con responsabilità e dedizione, consapevole che chi ricopre incarichi pubblici debba essere disposto - sostiene sui social Gambino, candidato alle regionali per FdI- ad accettare critiche, a volte anche pesanti. Nonostante insulti e diffamazioni non mi siano mai mancati, ho sempre scelto di non querelare nessuno. Ho ritenuto che far politica comporti anche questo: si ricevono elogi e denigrazioni.
"Tuttavia, oggi mi trovo costretto a riconsiderare questa posizione. Mio figlio, che ora è abbastanza grande per leggere e comprendere, mi ha chiesto perché qualcuno possa accusarmi di essere fascista o addirittura di incitare comportamenti legati a quell’ideologia. Lui sa, perché gliel’ho insegnato, che il fascismo rappresenta un capitolo buio e doloroso della nostra storia, una realtà che abbiamo superato per costruire una democrazia libera e aperta. Non riesco a spiegargli come si possa diffondere un tale odio nei miei confronti, e non solo per me come uomo o politico, ma per il rispetto della verità e del dibattito democratico".
"Le accuse che mi sono state rivolte, pubblicamente sui social media, peraltro, in modo del tutto gratuito associandomi ad affermazioni e fatti in cui io sono totalmente estraneo, superano la normale dialettica politica. Etichettarmi come fascista o incitatore di fascismo è un insulto gravissimo che offende non solo me, ma la memoria collettiva di un popolo che ha lottato per la libertà. È importante ricordare che la Legge Mancino e altre normative del nostro ordinamento condannano fermamente l’apologia del fascismo, e chiunque tenti di falsificare la realtà storica o accusi ingiustamente qualcuno di simili atteggiamenti va contro i principi che fondano la nostra Costituzione".
"Per quanto riguarda le offese personali e la diffamazione, il Codice Penale italiano tutela la dignità e la reputazione di ogni individuo. Anche chi fa politica ha il diritto di essere difeso quando viene superato il limite del confronto civile e si scade nell’insulto gratuito e nella calunnia. La diffamazione non è libertà di parola: è una violazione della legge che distorce la verità e mina il rispetto reciproco, valori fondamentali di una democrazia. Credo nella libertà di espressione, ma questa libertà non può essere usata come scusa per diffondere menzogne e odio. Mio figlio ha imparato che il fascismo è una cosa brutta, e io non posso tollerare che questa parola venga usata in modo strumentale per attaccarmi e distorcere la mia immagine, peraltro, lo ripeto, neppure quale diritto di critica ad una mia azione o decisione politica, essendo estraneo ai fatti ed alle circostanze cui sono stato associato. È il momento di dire basta e di tutelare la verità, soprattutto per il futuro delle nuove generazioni che dobbiamo educare con rispetto, onestà e senso civico".
"Concludo dicendo che continuerò a svolgere il mio ruolo con lo stesso impegno e trasparenza che mi hanno sempre caratterizzato, ma da oggi non permetterò più che la diffamazione e l’odio personale si confondano con il legittimo dissenso politico. Ho già risposto nelle sedi opportune con il deposito, tramite il mio legale di fiducia, di denuncia querela per tutelare me stesso, la mia famiglia e i valori in cui credo”.
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