Processo Morandi, oggi in aula Donferri Mitelli, Ferrazza e Mollo smentiscono versioni contrastanti

di Emilie Lara Mougenot

2 min, 13 sec

Le deposizioni odierne evidenziano chiarimenti sulle modalità di controllo e gestione delle opere critiche

Processo Morandi, oggi in aula Donferri Mitelli, Ferrazza e Mollo smentiscono versioni contrastanti

Prosegue il processo Morandi. Oggi il primo a rilasciare dichiarazioni spontanee in aula è Riccardo Mollo, ex direttore generale di Aspi, che ha smentito in aula le affermazioni rilasciate da Gianni Mion sull’autocertificazione del ponte Morandi.

Dichiarazioni di Riccardo Mollo - L’ex dirigente ha affermato di non esser stato presente all’induction del 2010, sottolineando che la sua agenda elettronica dimostra la partecipazione in un incontro successivo (2011) in cui venivano discussi i controlli sul ponte, contrariamente alle affermazioni che lo vedevano protagonista di un’autocertificazione. Mollo ha evidenziato come il documento di 68 pagine presentato insieme a Malgarini, e le registrazioni dei suoi appuntamenti, attestino chiaramente l’assenza di qualsiasi riferimento al viadotto Morandi durante la riunione, ribadendo che non vi fu alcuna dichiarazione in merito alla certificazione interna.

Processo - Nel corso del procedimento, l’attenzione si concentra sulle dichiarazioni dell’imputato Michele Donferri Mitelli, architetto ex responsabile delle manutenzioni di Autostrade per l’Italia, accusato di aver seguito una politica di risparmio sulle manutenzioni finalizzata ad aumentare i dividendi agli azionisti.

La seconda dichiarazione spontanea - L’architetto Michele Donferri Mitelli, ex responsabile della manutenzione di Autostrade per l’Italia e tra i principali imputati nel processo per il crollo del ponte Morandi, ha contestato le conclusioni dei periti del tribunale. In dichiarazioni spontanee rilasciate dopo la pubblicazione della relazione tecnica, Donferri ha difeso l’affidabilità delle prove riflettometriche (Rimt) utilizzate per monitorare i cavi degli stralli, sostenendo che le verifiche eseguite negli anni ’90 avevano già dimostrato la loro attendibilità. I consulenti della procura hanno più volte definito le prove riflettometriche inadeguate per valutare le condizioni della struttura, arrivando persino a ipotizzare la manipolazione dei risultati. Secondo gli inquirenti, i test avrebbero restituito dati migliori su cavi mai sottoposti a interventi di manutenzione, contraddicendo la naturale progressione del degrado. Donferri, invece, ha contestato questa interpretazione, affermando che l’efficacia delle Rimt era già stata confermata durante il rifacimento della pila 11 del ponte. L’ex dirigente ha anche motivato la relazione tecnica che ipotizzava la sicurezza del viadotto genovese fino al 2030, sottolineando che le sue valutazioni erano basate su dati e modelli matematici precisi. Un tentativo di difesa che non ha però convinto i familiari delle vittime.

Controversie - Le indagini evidenziano l’utilizzo di intercettazioni e documenti interni che fanno riferimento alla prassi ingegneristica per la validazione dei progetti. In particolare, l’assenza del progettista originario, a seguito della morte dell’ingegnere Morandi, ha costretto a ricorrere a figure come Francesco Pisani, il cui contributo non è andato a compimento.

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