Privatizzazione dei porti, alla Spezia l'unico esempio di successo
di Carlotta Nicoletti
Andrea Fontana, per la Community portuale, denuncia il vero male dei porti: la mancata pianificazione delle risorse
“L’unico porto in cui un privato si è costruito il suo terminal, partendo dalle banchine sino ad arrivare alle gru passando per piazzali, uffici, sistema informatico, è stato La Spezia. E quando si parla di privatizzazione degli scali marittimi italiani forse non si potrebbe e non si dovrebbe prescindere da questa esperienza di successo che è e rimane un unicum”.
A intervenire sul dibattito avviato su un, a oggi non meglio definito, progetto di privatizzazione degli scali marittimi italiani, è Andrea Fontana in rappresentanza della Community portuale della Spezia e dell’Associazione spezzina degli agenti marittimi che presiede.
“L’Italia – prosegue Fontana – è davvero un Paese strano nel quale anche a fronte di esperienze di successo, prevale la volontà di reinventare tutto e di riscrivere norme e parametri. Nel caso del La Spezia Container Terminal, considerato anche per i suoi incontestabili successi, una cellula anomala della portualità nazionale la formula è stata tanto semplice da apparire oggi banale. Un imprenditore privato ha messo a disposizione le risorse per finanziare la costruzione di un terminal container che non esisteva, lo ha allestito e fatto funzionare con standard di efficienza e produttività per anni irraggiungibili altrove. Per parte sua, lo Stato attraverso le sue emanazioni locali, che non si chiamavano ancora Autorità di Sistema Portuale, ha tarato i tempi e i valori del canone di concessione in modo che l’imprenditore privato fosse in grado di far quadrare un piano industriale, rientrare del suo investimento e realizzare profitti”.
Si parla - secondo la Community spezzina - di privatizzazione dei porti e di regia unica, quando la necessità primaria sarebbe quella di garantire una pianificazione nazionale delle risorse allocate alla portualità mentre oggi ogni Autorità di Sistema Portuale riceve risorse pubbliche e realizza banchine e terminal che probabilmente non serviranno a nessuno e non potranno essere gestiti economicamente.
“È il caso di affermare con chiarezza – conclude Fontana – che ormai da anni il traffico globale che gravita sui porti italiani ha un andamento stazionario e che un aumento record nell’offerta di servizi di movimentazione delle merci, specie container, come è quello in atto, otterrà solo un risultato: quello di generare un altro gigantesco buco nei conti pubblici”.
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