Limite mandati sindaci: Corte Costituzionale boccia ricorso della Regione Liguria

di Stefano Rissetto

1 min, 37 sec

Validata la scelta del legislatore di stabilire un numero differenziato di mandati a seconda delle dimensioni demografiche dei Comuni

Limite mandati sindaci: Corte Costituzionale boccia ricorso della Regione Liguria

La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso della Regione Liguria, confermando la legittimità della nuova disciplina sui mandati consecutivi dei sindaci introdotta dal Decreto-legge n. 7 del 2024. Con la sentenza n. 196, depositata oggi, la Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione, che contestava la previsione di un limite differenziato ai mandati in base alla dimensione demografica dei Comuni.

Numeri - Secondo il nuovo testo, che modifica l'articolo 51 del Testo Unico degli Enti Locali, i sindaci dei Comuni con meno di 5.000 abitanti non sono soggetti a restrizioni sul numero di mandati consecutivi; per quelli con popolazione tra 5.001 e 15.000 abitanti il limite è fissato a tre mandati consecutivi, mentre per i Comuni con oltre 15.000 abitanti resta il limite di due mandati. La Regione Liguria, contestando questa differenziazione, aveva sollevato il dubbio che la normativa violasse il principio di ragionevolezza, chiedendo che anche per i sindaci dei Comuni con più di 15.000 abitanti fosse fissato un limite di tre mandati consecutivi.

Argomentazione - La Corte ha respinto l'argomentazione, ritenendo che la scelta del legislatore di stabilire un numero differenziato di mandati a seconda delle dimensioni demografiche dei Comuni non fosse manifestamente irragionevole. La Consulta ha sottolineato che tale previsione rappresenta un bilanciamento adeguato tra diversi principi costituzionali, come la libertà di voto degli elettori, l'equità nella competizione elettorale e il necessario ricambio politico nelle amministrazioni locali. In particolare, la Corte ha evidenziato che l’introduzione di limiti differenziati si basa su una "logica graduale" che tiene conto delle significative differenze tra le diverse classi di Comuni in termini di interessi economici e sociali.

Principio - Il principio alla base della sentenza è che la definizione di questi limiti è una scelta discrezionale del legislatore, che può essere sindacata solo in casi di manifesta irragionevolezza. "Si tratta di un esercizio non manifestamente irragionevole della discrezionalità legislativa", ha concluso la Corte, ribadendo che il legislatore è libero di fissare un equilibrio tra i vari diritti e principi costituzionali in gioco.