Lanterna di Genova, pochi soldi e spettro petrolchimico: la Fondazione Labò si ritira
di Fabio Canessa
3 min, 3 sec
Lagomarsino: "Il volontariato è insostenibile, abbiamo perso troppo tempo"
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Dopo cinque anni la Fondazione Labò si ritira dalla gestione della Lanterna, simbolo di Genova. Ad annunciarlo è il presidente Luigi Lagomarsino a Telenord: “C’è una deliberazione del comitato esecutivo che mi ha dato mandato di chiudere questa fase con la fine del 2019. In fondo non è la nostra mission e non si può proseguire all’infinito con rinvii di anno in anno. Il Comune e il MuMa devono proporre un bando che permetta di superare il vizioso circolo del volontariato”.
Era il 2014 quando un gruppo di studenti di architettura, coordinati da Andrea De Caro, prese in carico il faro che era in stato di abbandono. Oggi il museo è aperto nei pomeriggi del weekend e i volontari della fondazione propongono eventi e attività per i giovani. In poco tempo i visitatori sono passati da 8mila a 20mila all’anno. E la Lanterna ha cambiato faccia. “Ne siamo orgogliosi – racconta l’urbanista Lagomarsino – perché è stato un lavoro lungo, con pochissime risorse. Ma i giovani devono trovare una condizione di lavoro e non possono permettersi il volontariato al 100%”.
La favola sembra dunque destinata a interrompersi. Scarsa accessibilità, perenne mancanza di risorse, poca chiarezza sul futuro. E lo spettro dei depositi chimici che potrebbero finire proprio lì sotto, al posto del carbonile dell’ex centrale Enel. “Quando si è palesata questa ipotesi ho chiesto di capire in che cosa consistesse – spiega Lagomarsino – e mi è stato presentato il progetto, un progetto molto estensivo che avrebbe compreso sia gli spazi aperti sia l’edificio della vecchia centrale. L’invasività di questa attività sarebbe preoccupante. Anche la centrale è un edificio di grande importanza architettonica, che forse merita un uso diverso da quello di un capannone industriale”.
Nel 2017 il parco, il museo e la passeggiata sono passati sotto la competenza del Comune e nel 2018 la Lanterna è entrata nel circuito MuMa insieme a Galata, Commenda di Prè e Museo navale di Pegli. Il faro, però, appartiene ancora alla Marina Militare e di fatto il camminamento rientra nell’egida dell’Autorità portuale. Il governo Gentiloni aveva stanziato 1 milione di euro per interventi di messa in sicurezza (ad esempio un parafulmine, di cui la Lanterna non è dotata) e ristrutturazione complessiva. Il bando è stato vinto da un’impresa genovese, ma i lavori non sono mai partiti.
“È un grande rammarico aver perso tutto questo tempo – commenta Lagomarsino – e mi sembra mostruoso che oggi un portatore di handicap non possa raggiungere la Lanterna, perché la passeggiata è interrotta dai lavori del Nodo di San Benigno”. Anche se qualche nota positiva negli ultimi mesi c’è stata: Abbiamo vinto un bando della Compagnia di San Paolo per interventi che vorrei concludere nel 2019. E l’Autorità portuale finalmente ha stanziato 15mila euro a parziale copertura delle spese sostenute nel 2018. Se la missione era che Comune e Autorità portuale vedessero nel faro una rappresentazione di sé stessi, allora forse sono riuscito nella mia missione”.
L’idea di soffocare la Lanterna con l’ennesimo polo industriale ha stroncato i sogni di chi ha lavorato gratis negli ultimi cinque anni: “La Lanterna è un punto di grandissimo interesse, ma è una struttura piccola. L’ex centrale Enel poteva costituire un polmone per risolvere questi problemi”. Uno spunto per il futuro. Che potrebbe passare per un bando con cui il Comune potrebbe finanziare l'attività di una start-up in grado di fare business con la gestione del museo.
E a chi dubita delle potenzialità del faro, Lagomarsino ricorda: “Il valore della Lanterna lo capisci salendo sulla torre. Da lì si vede quello che nessuno potrebbe mai vedere, il porto e la città. Si sentono tutti i rumori del porto, è un’emozione forte. Consiglio a tutti di provarla”.
Fabio Canessa
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