La situazione a Certosa dopo gli allagamenti ma senza inutili polemiche politiche che distolgono l'attenzione dal problema

di Riccardo Olivieri

Viaggio nel quartiere dopo la pioggia di sabato notte, tra cittadini che si affacciano sulla "palude", cantieri che diventano piscine e la saggezza di chi parcheggia in alto

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Fino a pochi minuti prima di mettermi a scrivere ero in strada a togliere i detriti che bloccavano la mia macchina: se abiti in via Zella, quando piove forte, va così. È da qui e ancora più su da via Mansueto che col maltempo acqua, fango e quello che trovano lungo la strada scendono fino al sottopassaggio di Brin, che si allaga come è successo sabato scorso e innumerevoli volte in passato. Il campionario di oggetti rinvenuti sotto la mia auto è piuttosto vario: tante pietre, rami e pezzi di vetro, alcune lattine e bottiglie di birra, un numero sorprendente di mattoni di cui uno perfettamente integro, una sorta di morsetto di ferro e un calzino, rigorosamente spaiato. Ma la sera dell'allagamento il fiume d'acqua ha trasportato anche bidoni della spazzatura che scivolavano a valle e qualche motorino caduto: anche solo camminare sul marciapiede in quel momento poteva essere un rischio. Per questo e per accertarsi che non ci fossero persone all'interno dei veicoli coinvolti, circa una decina, sabato notte sono intervenuti anche i sommozzatori.

I terreni a monte in realtà sono tenuti piuttosto bene. Insieme ad alcuni colleghi nel pomeriggio viaggiamo in macchina con il presidente del Comitato Liberi Cittadini di Certosa Enrico D'Agostino: vediamo un signore sui 65 anni in cima ad un muretto, con la zappa sta pulendo un pezzo di terreno. "Qui la gente ci tiene, ci sono orti curati, non sono abbandonati", spiega D'Agostino. Ci fermiamo davanti ad un terreno privato, che nel quartiere chiamano "area ex maiali", sul confine tra via Zella e via Mansueto. Un tempo c'erano delle stalle, da qui il nome; i nuovi proprietari da anni non fanno manutenzione e oggi si è trasformata in una sorta di discarica abusiva. Il Comitato ha da tempo presentato un esposto in procura contro i proprietari del terreno, "se il sindaco ritiene che quell'area porti dei problemi ambientali può fare un'ingiunzione - spiega D'Agostino -, lì bruciano l'impossibile, abbiamo parecchi video". È da qui provengono la maggior parte dei detriti che arrivano a valle. In quest'area, peraltro, scorre il Rio Zella ma ad avere il compito di tenere pulite la vasca di trattenuta a monte del torrente e le tombinature è Autostrade per l'Italia. Via Zella infatti è attraversata dal tratto finale della A7, che va verso l'uscita di Genova Ovest o il ponente ligure con la svolta sul ponte San Giorgio. Quando piove però sia la vasca che le tombinature vengono ostruite, secondo Autostrade proprio per i detriti che provengono dall'area ex maiali, quindi l'acqua esce e trascina a valle quello che trova. "In quest'area ci venivamo da ragazzi, sarebbe bello farci un parco" racconta D'Agostino, che ci spiega come da lì sia possibile raggiungere il Righi attraverso un sentiero, "chissà com'è messo ora". Mentre viaggiamo ci dice che dieci anni fa il Comune aveva fatto un intervento per migliorare la situazione del sottopassaggio e aveva ottenuto effetti positivi. Se ne era occupato l'allora assessore ai Lavori pubblici e alla Manutenzione Gianni Crivello: "Dopo un primo intervento con Aster che consisteva nella modifica di alcune bocchette, abbiamo fatto un intervento lungo un anno alla foce del Rio Zella, complesso perché bisognava andare dentro i cunicoli - racconta al telefono -. Era costato 203mila euro ma aveva dato buoni risultati. Dal 2017 al 2022 quando ero consigliere di opposizione ho fatto una miriade di interventi chiedendo aggiornamenti e l'ho rifatto proprio nel 'question time' il giorno prima dell'allagamento. Quando piove, anche non particolarmente forte, una parte dell'area ex maiali frana a valle. Più di una volta ho chiesto a Piciocchi quante volte avessero fatto manutenzione sui lavori fatti da noi, ma sono fermi. Al Comune do due consigli: prima dovrebbe intervenire e recuperare questi lavori; poi mettere il naso, anche attraverso l'avvocatura, affinché quella discarica venga bonificata".

Quando riscendiamo a valle passiamo da piazzale Palli, l'area che ospiterà la fermata della metropolitana di Canepari. D'Agostino la definisce "una piscina" e capiamo presto il perché: avvicinandoci vediamo alcuni operai al lavoro per togliere l'acqua che ha riempito l'area. È evidente che in tutto il giorno qui il cantiere non ha fatto progressi e proprio pochi giorni fa avevamo raccontato di un'ulteriore slittamento della data di apertura della stazione a primavera 2026. La promessa iniziale diceva 2022, poi sono arrivate la fornace di epoca romana, il ritrovamento di idrocarburi della vecchia Fillea, lo stop dovuto ad un'interdittiva antimafia, poi revocata, e il contenzioso del Comune con la ditta che opera nel cantiere. L'ente, che da poco è uscito vincitore dall'azione legale, chiede che nell'area lavorino più operai per accelerare i tempi. "Ma anche le piogge, come si può vedere, rallentano molto i lavori" dice D'Agostino, che abita poco lontano e osserva i progressi del cantiere. Dal parcheggio che si affaccia sull'area vediamo passare un operaio, gli chiediamo quanto era alta l'acqua quando sono arrivati: ci indica un'altra zona del cantiere dove non si vede neanche il fondo. Lì l'acqua supera di circa un metro quella presente nell'area che stanno sistemando, alta ormai pochi centimetri.

Il cantiere della metropolitana preoccupa gli abitanti, anche per la sovrapposizione con quello di Rfi e dello scolmatore del Rio Maltempo, che partirà ad aprile e rischia di mettere in ginocchio il quartiere. Su questo tema i Liberi Cittadini hanno organizzato un'assemblea pubblica che si svolgerà oggi alle 18 al Cinema Albatros. "Non abbiamo invitato Piciocchi e Salis perché non vogliamo diventi un'occasione di campagna elettorale - spiega D'Agostino -. E speriamo si parli dei cantieri, non dell'allagamento. Ci servono risposte". Ma qui i cantieri sono anche diventati una sorta di meta turistica: è la provocazione di Lidia Schichter, guida che accompagna le visite ai murales dipinti nel quartiere. La incontriamo mentre accompagna una classe di una scuola media milanese. "Cerco di portare qui gente, creare movimento - racconta -. I visitatori genovesi mi dicono che a Certosa non ci vengono mai, solo per i murales. Ma qui ci sono alcuni gioiellini, come questa piazzetta", quella di via Piombino dove ci siamo incontrati. A fine visita, se avanza tempo, l'ultima tappa è il comitato: "Andiamo a vedere i cantieri e facciamo raccontare agli abitanti, per sensibilizzare sui disagi".

Il nostro viaggio prosegue, arriviamo a casa di Anna. "Altro che i parchi che vogliono fare - dice sorridendo -, qua domenica c'era la palude". Il terrazzo del suo appartamento in Vico chiuso della pietra dà proprio sull'area di Brin, ora non più allagata. Mentre parliamo affacciati passa un macchinario che sta ultimando le operazioni di pulizia del sottopassaggio, appena riaperto, e ci manda addosso del vapore, non esattamente profumato. "Manco a farlo apposta", dice alzando le sopracciglia. Il palazzo in cui abita è proprio attaccato all'area dove Rfi sta facendo i lavori per la nuova linea ferroviaria, ci fa vedere le crepe che ha in casa. "Sabato alle 23 qui sotto c'era già il lago - racconta - ma già un paio di giorni prima eravamo già usciti con gli stivali". Rientrando verso casa incontro alcune vicine: una di loro mi racconta che il motorino che si vede nelle immagini dell'allagamento era il suo. "Sappiamo che quando piove bisogna parcheggiare in alto ma ero in Francia per lavoro, quando ho parcheggiato lì non ci ho pensato perché non avevano dato piogge forti", ha raccontato.

Certe abitudini uno le prende per rassegnazione e "parcheggiare in alto" rientra senza dubbio tra queste. Qui a Certosa è un mantra, "metti che piove". E prima o poi pioverà di nuovo, il sottopassaggio si allagherà di nuovo e noi abitanti di Certosa avremo parcheggiato di nuovo in alto. "Sabato abbiamo compiuto 13 anni, è una vita un po' lunga per un comitato - dice ridendo D'Agostino -. Di solito si formano per un problema impellente e una volta risolto si sciolgono. Forse duriamo perché la Valpolcevera è un problema. C'è un problema dietro l'altro, questo è solo l'ultimo".

E agli uomini del fare, che in questa città non mancano, chiediamo una cosa: fate. Solo, possibilmente, non polemiche, perché non ne abbiamo bisogno. In fondo, chiediamo solo di poter uscire in sicurezza quando piove.

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