Genova, sciopero ex Ilva, presidio a Cornigliano: “Lo Stato assuma gestione degli impianti"

di Federico Amodeo

Il corteo dei lavoratori di Acciaierie d'Italia è partito dalla sede di via Pionieri e Aviatori d'Italia e ha operato un presidio in piazza Massena fino alle 11

"Lo Stato acquisisca il controllo e la gestione degli impianti nazionalizzando o diventando socio di maggioranza, rinegoziando l'accordo che prevede la transizione dei nuovi assetti societari al 2024, stabilendo e vincolando l’utilizzo dei fondi e la loro destinazione.  Acciaierie D'Italia ritiri il provvedimento di taglio degli ordini e delle commesse delle imprese dell'indotto, il Governo sia garante di un riequilibrio delle relazioni sindacali all’interno del Gruppo ADI oggi assenti. Il Governo costituisca un tavolo permanente con tutti i soggetti interessati per garantire la risalita produttiva e la rinegoziazione del mancato accordo sulla cassa integrazione straordinaria. Sia confermata da parte del Ministero del Lavoro l’integrazione al reddito per i lavoratori Ilva in amministrazione straordinaria. Infine siano garantire le condizioni di salute e sicurezza in tutti gli stabilimenti".

Sono queste le richieste e le rivendicazioni di Fim, Fiom e Uilm che hanno portato in piazza questa mattina a partire dalle 7.30 i lavoratori per le 4 ore di sciopero concordate a livello nazionale. Il corteo dalla sede di Acciaierie d'Italia si è spostato verso il centro di Cornigliano fino in piazza Massena, intorno alle 11 il rientro in fabbrica. 

Per Christian Venzano e Nicola Appice, segretario generale regionale Fim Cisl Liguria e responsabile RSU Fim per Acciaierie d’Italia “a Genova pochissimi investimenti: ora da parte del governo ci aspettiamo un cambio di marcia nella gestione dell’azienda”. “E’ passato oltre un anno - aggiungono i due sindacalisti Cisl - da quando il governo è entrato nella compagine azionaria di Acciaierie d’Italia immettendo oltre 400 milioni: a Genova però nessuno si è accorto di tutto questo con pochissimi investimenti nello stabilimento che potrebbe diventare invece strategico nel rilancio della siderurgia in Italia".

"Adesso da parte dello Stato - chiudono - è pronto un ulteriore miliardo di euro da immettere all’interno dell’azienda, ma ora ci aspettiamo veramente che prenda in mano la gestione garantendo una precisa svolta che sia mirata ad un piano di rafforzamento di tutti gli stabilimenti. Non è possibile che si continui a navigare senza avere una prospettiva a media-lunga scadenza in un settore così importante per il nostro paese. Qui si vive alla giornata senza un piano industriale, nel caso di Genova ci troviamo di fronte ad una situazione allarmante: lo stabilimento avrebbe bisogno di una massiccia iniezione di risorse economiche, partendo dalle manutenzioni fino agli investimenti strutturali: invece ci troviamo a gestire innumerevoli problematiche che ci impediscono di produrre come invece potremmo fare. Serve quindi una nuova governante con manager di riferimento dello Stato che possano salvaguardare e rilanciare la siderurgia nel nostro paese”.

“E’ necessario che l’Esecutivo faccia finire questa telenovela di ArcelorMittal che dura ormai da anni - dice Antonio Apa, coordinatore regionale della Uilm Uil -  L’incontro della settimana scorso al Ministero non ha prodotto nessun risultato, anzi è stato un insulto nei confronti dei lavoratori. Oggi su indicazione delle Segreterie Nazionali Fim, Fiom, Uilm i lavoratori di Acciaierie d’Italia sono scesi per le vie della citta per manifestare tutto il loro dissenso nei confronti di questa farsa”.

La situazione di Acciaierie d’Italia è drammatica - aggiunge il sindacalista -  oltre alle 145 aziende di appalto che sono rimaste ferme fino a metà gennaio, si aggiungono i 2500 lavoratori posti in cassa a marzo in modo unilaterale e i 1700 di Ilva in AS. L’azienda ci racconta delle bufale, nel senso che nel 2022 erano previste 5,7 milioni di acciaio e ne sono stati prodotti circa 3 milioni, non si può andare avanti in questo modo, urge un intervento drastico da parte del Governo, anche perché non si può procrastinare da qui al 2024 il closing che prefigurerebbe la morte naturale dell’Ilva. Taranto, allo stato, non può andare avanti a rifornire il gruppo, in quanto lavora con 2 altoforni e gli impianti di finitura sono fermi”. 

“E’ necessario altresì - chiude Apa -  che il Governo prenda in mano la situazione in quanto, a mio giudizio, non esistono le condizioni né di un riequilibrio tra Invitalia e Mittal né la possibilità di rinegoziare i ruoli, quindi occorre cacciare Mittal definitivamente dalla gestione di Acciaierie d’Italia. Il miliardo stanziato dal precedente Governo rischia di essere il pomo della discordia in quanto c’è una divergenza tra Invitalia e Mittal sulla finalità dello stesso che a mio giudizio deve servire per l’aumento di capitale non certamente per la liquidità e per la gestione ordinaria come sostiene Mittal. A noi interessa e i lavoratori lo hanno dimostrato oggi che non si può rimandare la questione alle calende greche, occorre che lo stesso miliardo venga utilizzato per sostituire l’attuale maggioranza, facendo prendere le redini a Invitalia o su un progetto di nazionalizzazione oppure attraverso lo stesso, assumere la gestione attraverso una governance. In un modo o nell’altro, il Governo deve usare le risorse per cancellare ArcelorMittal”.