Francesca Ghio, la forza di un messaggio scritto sulla propria pelle

di Simone Galdi

3 min, 36 sec

Il suo coraggio di esporre qualcosa di così intimo ci ricorda che cos'è la politica: lavorare per un bene superiore

Il martedì pomeriggio nella Sala Rossa non è fatto per clamorose rivelazioni. Si muovono tra banchi, scale e corridoi gli influencer del potere genovese, coi loro vezzi, i loro protagonismi, spesso i cliché delle dinamiche d’aula. Da un lato si afferma, dall’altro si contesta, poi ci si scambia le parti e si ricomincia. Senza entrare nel populismo, si può accettare che la dialettica politica sia così. I segreti viaggiano attraverso altre stanze e vengono alla luce grazie a costruzioni geometriche. C’entriamo anche noi della stampa, è logico. Martedì 26 novembre, però, è successo qualcosa di diverso.

È successo dopo che Arianna Viscogliosi, unità d’Italia Viva nel Gruppo Misto del Consiglio genovese, ha lanciato la sua proposta, in un ordine del giorno straordinario in cui si impegnava il sindaco e la giunta a sostenere la lotta contro la violenza di genere. Il ruolo delle scuole, perché la violenza si combatte con l’educazione, ma anche il sostegno alle associazioni per l’assistenza ai maltrattati. E poi la rete di supporto dei centri antiviolenza e delle case rifugio. Impegni presi dall’amministrazione locale per il progresso della società.

A sostegno della mozione arriva poi il contributo di Francesca Ghio, lista Rossoverde. Quando ha preso la parola, non potevamo immaginare cosa ci avrebbe colpito dopo. 

“Avevo 12 anni, vivevo nel cuore della Genova bene. Avevo appena iniziato la seconda media quando sono stata violentata fisicamente e psicologicamente tra le mura di casa mia. Ripetutamente. Per mesi e mesi, da un uomo di cui mi fidavo, da un uomo che nessuno avrebbe pensato potesse essere un mostro. Un dirigente genovese, il vostro bravo ragazzo. Lui mi diceva di stare zitta e che doveva essere il nostro segreto, dovevo giurargli di non raccontare niente a nessuno mentre sottostavo alle sue torture”. 

L’intervento va avanti, si conclude senza troppi sussulti. L’aula non coglie. Ghio starà leggendo un racconto? Una lettera straziante giunta da qualche cittadina? Forse è letteratura. Ma no, non è così. Io per primo non colgo. Assuefatti a quella dialettica politica di cui si parlava all’inizio, suona inverosimile che qualcuno stia raccontando un’esperienza personale tanto dolorosa.

Parlava di sé stessa: ha raccontato al consiglio comunale di violenze subite, quand’era minorenne, in un contesto si suppone lontano pericolo, e che invece di sicuro nulla aveva. È lei che si è esposta in prima persona, da trovando un coraggio sconosciuto ai più. Quando la stampa coglie il dettaglio, la notizia ormai viaggia. Le agenzie corrono, si moltiplicano i titoli. Se ne parla dalla stampa locale a quella nazionale. Non era mai successo che in Consiglio arrivasse una denuncia tanto intima, tanto sofferta. Tocca anche a me adesso. Mi sento più cretino del solito. C'è una storia importante da raccontare. È lavoro, per carità, ma sento un freno. Si parla di una ferita profonda, di quelle che possono anche non guarire. Non so se ho voglia di raccontarla. Il dovere professionale, certo, ma qui c’è qualcosa che va molto oltre.

Qui Francesca Ghio ci sta portando al di là del solco, è terra inesplorata, è talmente inconcepibile che si fa fatica ad alzare lo sguardo verso l’orizzonte. Consigliera Ghio, perché l’ha fatto? Ma soprattutto, dove ha trovato la forza? La risposta può darla solo lei:

Ho la responsabilità di espormi anche per le persone che non hanno questa possibilità. Ho un microfono per parlare e voglio usarlo per veicolare questo messaggio di urgenza: il patriarcato esiste ed è un’emergenza quotidiana. Abbiamo le risposte per risolvere e contrastare la violenza, è il momento di iniziare e smetterla di prenderci in giro”.

Parlare di violenza di genere è necessario, chiedere aiuto se si è in difficoltà è necessario, lottare perché tutto questo finisca è necessario. Si può fare tutto questo lontani dalla pornografia del dolore, dall’esibizione della lacrima. A patto di essere convinti, di guardare al bene superiore. Anche se gli altri subito non colgono. Consigliera Ghio, qualcosa spero di aver imparato da lei, questo pomeriggio in Sala Rossa.