Fine vita, Marco Cappato a Telenord: "Tema che coinvolge sempre più famiglie ma lo Stato dà poche informazioni"

di Riccardo Olivieri

L'attivista: "Gli avversari di questa proposta fanno la nostra caricatura ma non abbiamo fretta di fare fuori le persone. Servono tempi rapidi per chi soffre"

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"Questa proposta di legge non riguarda la legalizzazione dell’eutanasia, ma solo la creazione di procedure chiare e tempi certi per qualcosa che è già legale". Vuole chiarire ogni possibile dubbio Marco Cappato, l'attivista politico dell'"Associazione Luca Coscioni" che oggi ha fatto tappa a Genova per presentare la proposta di legge regionale "Liberi subito" sul fine vita, argomento approfondito in diretta su Telenord a Tgn Today.

In Italia il suicidio assistito è già legale - "In Italia il cosiddetto suicidio assistito è stato legalizzato sei anni fa dalla sentenza della Corte Costituzionale, che ha valore di legge, sulla mia disobbedienza civile dopo aver accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani, dj Fabo - spiega Cappato -. La Corte ha stabilito che non solo è depenalizzato l'aiuto alla morte volontaria se la persona è lucida, affetta da patologia irreversibile che sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputa intollerabili e che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale; ha anche indicato nel servizio sanitario nazionale la responsabilità di verificare le condizioni della persona e quindi anche le modalità di attuazione del suicidio assistito". Diritto che quindi non viene stabilito dalle Regioni perché la sentenza della Consulta ha valore di legge.

A cosa serve la legge regionale - L'obiettivo della legge "Liberi subito" è stabilire procedure e tempi certi: se la proposta dovesse passare il servizio sanitario avrà 20 giorni di tempo per valutare le condizioni del paziente che richiede l'accesso al suicidio medicalmente assistito. In passato "è capitato che alcuni pazienti abbiano aspettato fino a due anni per una risposta" racconta Cappato. I tempi certi non tutelano solo quei pazienti ai quali vengono riconosciuti i requisiti per accedere al suicidio medicalmente assistito ma anche coloro le cui domande vengono respinte. "Gli avversari di questa proposta fanno la nostra caricatura, come se qualcuno avesse fretta di fare fuori le persone. La situazione è ribaltata: se una persona non è nelle condizioni previste dalla Corte, ad esempio se la sua malattia non è irreversibile o se c'è una depressione psichiatrica che può essere trattata, il malato potrebbe essere a rischio di suicidio nelle condizioni peggiori. Se invece fosse prontamente assistito con cure palliative o assistenza psichiatrica, si potrebbe prevenire quel suicidio. I tempi rapidi sono a garanzia delle persone che soffrono, oltre che del personale medico che ha migliori possibilità di intervento".

Riguarda tutti - L'innalzarsi della vita media delle persone secondo Cappato ha fatto sì che sempre più famiglie si siano dovute confrontare con temi legati al fine vita ed è anche per questo che l'"Associazione Luca Coscioni" incontra un sostegno trasversale, sia politico che religioso. "Il blocco - spiega - è del ceto dirigente, non delle persone. La gente ha vissuto sulla sua pelle queste situazioni e non aspetta il leader politico per decidere cosa pensa".

Come informarsi - L'associazione mette a disposizione il Numero bianco: dall'altro capo della cornetta i volontari si mettono a disposizione per spiegare ogni dubbio e "dare quelle informazioni che dovrebbe dare lo Stato", accusa Cappato. È anche possibile chiedere informazioni sul testamento biologico ( a volte chiamato Dat, acronimo di Disposizioni Anticipate di Trattamento, ndr) che consente di decidere quali trattamenti sanitari si voglia accettare o rifiutare nel caso in cui non si fosse più capaci di intendere e di volere. "È legale da molti anni - spiega Cappato - ma meno dell'1% della popolazione lo ha fatto".

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