FerMerci, l’associazione degli operatori del trasporto ferroviario delle merci, lancia l’allarme: il comparto viaggia verso la crisi, sono a rischio investimenti, imprese e posti di lavoro. A spiegare le ragioni del “grido di dolore” delle aziende del settore sono il presidente dell’assoiazione Clemente Carta, e il direttore generale, Giuseppe Rizzi, che contemporaneamente lanciano dieci proposte per salvare le attività delle imprese alle prese con quella che è stata definita la “tempesta perfetta” e 15.000 posti di lavoro.
La “tempesta perfetta” la spiega Clemente Carta; il trasporto merci è una derivata delle attività industriali e commerciali, e nell’ultimo periodo si sono succeduti eventi come le alluvioni in Emilia Romagna, la guerra in Ucraina, la crisi in Medio Oriente e a Suez, le chiusure dei valichi alpini, che per il trasporto ferroviario merci costituiscono uno dei danni più gravi: il traffico di import export con l’Europa vale 170 milioni di tonnellate di merci, di cui il 34% transita per ferrovia, si può comprendere il danno che hanno comportato le chiusure dei valichi del Gottardo, del Frejus e le difficoltà sugli altri valichi, ha spiegato il presidente di FerMerci. Carta ha poi aggiunto quello che oggi è l’elemento di maggiore preoccupazione: le interruzioni della circolazione ferroviaria per effettuare i lavori di potenziamento della rete previsti dal PNRR, che si svolgono soprattutto di notte e danneggiano esclusivamente il trasporto merci.Il risultato – ha spiegato ancora Carta – è espresso dalle cifre: nel 2023 – rispetto al 2022 – c’è stato un calo di traffico del – 3,2%, sono state perse 1,7 milioni di tonnellate-km, si calcola che tra il 2023 e il 2026 siano previste 3.000 giornate di interruzioni per lavori che equivalgono alla perdità del 50% della capacità della rete, e il picco dei disagi deve ancora essere raggiunto perché tra fine 2024 e il 2025 è previsto il massimo sforzo da parte di RFI per completare gli interventi PNRR entro il 2026. Alcune imprese – hanno sottolineato all’unisono il presidente e il direttore generale Rizzi – sono già in crisi e ormai si parla apertamente di timori per il destino per l’occupazione di un settore che conta complessivamente 15.000 addetti, con un indotto che fa ascendere a circa 40.000 il numero delle persone impiegate nelle varie attività.
A queste difficoltà si aggiungono le conseguenze di alcune decisioni del governo che costituiscono per il settore una sorta di vero e proprio “scippo”: attraverso una lunga battaglia condotta proprio dalle associazioni del settore – ha spiegato ancora il presidente Carta – erano stati ottenuti finanziamenti per 115 milioni di euro per investimenti nel rinnovo del parco rotabili, e in particolare di nuove locomotive. Sulla base della previsione di queste agevolazioni, le imprese ferroviarie merci hanno effettuato investimenti per 700 milioni di euro, una cifra sette volte superiore al contributo concesso dal governo e approvato dall’Unione europea. A metà di questo percorso, è intervenuto l’ultimo Decreto Omnibus che ha sottratto 55 milioni di euro (quasi la metà) all’investimento iniziale, lasciando alle imprese l’onere di far fronte a contratti già sottoscritti in un periodo di crisi complessiva del mercato per le ragioni illustrate in precedenza. Anche tenendo conto delle difficoltà di bilancio del Ministero dell’Economia, Carta e Rizzi hanno sottolineato l’esigenza che il governo ripristini lo stanziamento iniziale, e per questo l’associazione è impegnata in un confronto continuo e costante con il governo, anche senza scendere ad azioni che possano incrinare i rapporti. Ma la crisi del settore impone che si realizzino altre misure, e per questo l’associazione ha presentato le proprie proposte, inviate dettagliamente al governo a nome di tutte le imprese del comparto.