Ex Ilva, sindacati compatti: "No alla cassa integrazione senza investimenti e piano industriale"

di Redazione

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Scarpa (Fiom), Gambardella (Uilm) e D'Alò (Fim) unanimi nella bocciatura del piano commissariale

Ex Ilva, sindacati compatti: "No alla cassa integrazione senza investimenti e piano industriale"

Sindacati compatti sulla contrarietà al piano commissariale di cassa integrazione per 5.200 dipendenti dell'ex Ilva. I commissari dell'Ilva hanno richiesto la cassa integrazione per 5.200 dipendenti dell'Ilva: 4.400 a Taranto, 800 a Genova, 245 a Novi Ligure, 155 in altri siti.

"L'incontro Ilva-sindacati di oggi al ministero del Lavoro, sulla richiesta di cassa integrazione per 5.200 lavoratori avanzata dai commissari, non è assolutamente soddisfacente, e conferma la nostra impostazione nel respingere la cassa. A noi servono elementi di certezza, serve sapere quando arrivano i soldi per fare tutti gli interventi che sono stati annunciati". Lo ha detto il coordinatore nazionale per la siderurgia della Fiom, Loris Scarpa, al termine dell'incontro.

"Noi ci aspettavamo che ci dicessero delle cose di più sui soldi, ma non risulta che ne arrivino altri per il momento - ha aggiunto Scarpa -. Ilva sta ancora attendendo i 320 milioni di euro del prestito ponte. E' una discussione sulla cassa integrazione alla quale manca l'elemento centrale, quello che stiamo chiedendo da tempo, cioè il lavoro". Oggi ci hanno ribadito il motivo dei 5.200 in cassa integrazione, ma non sono intervenuti sul piano delle prospettive - ha concluso il sindacalista della Fiom -. Hanno detto che partirà un altro altoforno, ma non si capisce bene la data di partenza, hanno detto dopo l'estate. Noi abbiamo chiesto quanto inciderà questo altoforno sulla cassa integrazione che ci hanno presentato. Hanno risposto che si riservano di dircelo in un prossimo incontro".

"Ancora una volta ci siamo ritrovati di fronte ad una procedura di cassa integrazione, con numeri quasi raddoppiati di lavoratori rispetto a quella precedente, senza confrontarci seriamente su una prospettiva che dia certezze a 20mila lavoratori di tutto il sistema ex Ilva, compresi le migliaia di lavoratori del sistema degli appalti, per i quali permane una condizione di grave sofferenza e incertezza sotto ogni punto di vista". Lo ha detto il segretario nazionale dalla Uilm e responsabile Siderurgia, Guglielmo Gambardella, al termine dell'incontro sindacati-azienda al Ministero del Lavoro a Roma sula richiesta di cassa integrazione per 5.200 lavoratori avanzata dai commissari.

"Fermo restando l'integrazione salariale alla cigs che deve essere riconosciuta ai lavoratori - ha proseguito Gambardella, che all'incontro è stato accompagnato da Davide Spertti, segretario della Uilm di Taranto -, non si può continuare a parlare solo di cassa Integrazione, legata alla durata dell'amministrazione straordinaria, senza avere un percorso di ripresa di tutte le attività e che ci faccia vedere una prospettiva di risalita produttiva e di rientro di tutti i 5.200 lavoratori, avendone già 1.600 in cigs nell'Ilva in amministrazione straordinaria, e che dia garanzie anche ai lavoratori delle aziende dell'indotto". "È complicato discutere di cassa integrazione alla vigilia dell'ennesima procedura di vendita, annunciata dal ministro Adolfo Urso, per la quale è a noi sconosciuto il perimetro industriale ed i vincoli dei livelli occupazionali con cui verrà avviato il bando - ha concluso Gambardella - È indispensabile avere certezza delle adeguate risorse messe a disposizione per l'annunciato piano di ripartenza, a partire dal prestito ponte di 320 milioni, di cui si è ancora in attesa dell'approvazione da parte della Commissione europea, fra l'altro insufficienti anche per fare la sola manutenzione di tutti gli impianti".

"Oggi non era la giornata dove entrare nel dettaglio della cassa, ma una giornata di aggiornamento sulla prospettiva che deve avere questa cassa. Ci è stato presentato dall'azienda un primo approccio su quello che stanno facendo, e ci sarà presentato un rapporto su come quel piano di ripartenza stia dando le sue risposte. Noi abbiamo detto che una cassa integrazione, se deve partire, deve dare certezze non solo sui livelli di produzione attuali, ma anche su quello che succede se gli impianti ripartono e le tonnellate prodotte aumentano. Per noi questo è fondamentale". Lo ha dichiarato Valerio D'Alò della Fim, al termine dell'incontro Ilva-sindacati al ministero del Lavoro.

Per i lavoratori, la Fim chiede "integrazioni salariali, rotazioni, formazione in presenza e tutto quello che può essere messo in campo. L'azienda ha già dato le sue disponibilità anche ad una integrazione salariale che tocchi il 70%, e la porti al livello di quella dei lavoratori di Ilva in assistenza straordinaria. E' stata chiesta la tutela all'interno del percorso di tutto il bacino dei lavoratori. Su qusto c'è apertura, c'è disponibilità". "Abbiamo ancora delle forti distanze sui numeri di partenza della procedura - ha concluso D'Alò -. Buono sentire che tutti i manutentori saranno eslucis dalle rotazioni, perché dalle manutenzioni si parte se vogliamo rilanciare gli impianti, ma per noi il dato di partenza è ancora lontano da quello attuale".