Elezioni, Azione si spacca sull'appoggio a Orlando
di Matteo Cantile
A Telenord l'ex segretario Causa ammette disagio, non solo suo, per l'ingresso del partito di Calenda nel "campo largo"

“Carlo fermati”: è questo l'appello lanciato da un gruppo di dirigenti di Azione, il partito politico di Carlo Calenda. I firmatari hanno voluto mantenere l'anonimato, tranne Gianluca Causa, ex segretario di Azione e attuale responsabile del dipartimento tematico regionale sull'energia dello stesso partito: la richiesta, senza giri di parole, è bloccare l'adesione dei calendiani al campo largo guidato in Liguria da Andrea Orlando e convocare gli iscritti per un percorso più partecipato.
“Io non ho mai fatto politica prima di questa esperienza, contavo su Azione per imprimere una svolta liberale, di ragionevolezza, e invece mi sbagliavo”, dice Causa a Telenord, annunciando di fatto il proprio disimpegno.
“Le persone che sono della mia stessa opinione e hanno firmato l'appello sono molte e anche più rappresentative di me – continua – purtroppo il coraggio non è una virtù che abbonda nel nostro Paese, per questo ho deciso di essere io a metterci la faccia”.
Nell'appello si legge: “Siamo rammaricati che il lungo lavoro fatto in questi anni sia stato archiviato in poco tempo senza discussione con molti iscritti e dirigenti di Azione Liguria da decisioni romane. Noi ci riconoscevamo e continuiamo a riconoscerci nelle parole e nelle politiche di Carlo Calenda che coraggiosamente ha fondato Azione per mandare avanti idee di competenza e serietà su Sanità, infrastrutture e di lotta al giustizialismo e al populismo”.
Proprio questi due punti, giustizialismo e populismo, sono considerati una delle ragioni fondamentali della fronda interna ad Azione: “Quella per me è la linea rossa che si è valicata – dice ancora Gianluca Causa – la manifestazione di luglio del centrosinistra a Genova, riunito sotto la bandiera del giustizialismo, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.
Anche il tema delle infrastrutture, il sentirsi il partito del fare, è al centro delle rivendicazioni contenute nella lettera-appello: “Sappiamo che la coalizione messa in campo, nata dalla piazza giustizialista di de Ferrari a luglio, a trazione M5S, AVS e Sansa, da sempre avversa ad infrastrutture strategiche come gronda e terzo valico e aprioristicamente contrapposta all’operato dell’amministrazione comunale, mai rispetterà le posizioni poste da Azione e da Carlo Calenda”.
La reazione ufficiale del partito a questa lettera è contenuta in una nota, su cui chiosa il consigliere regionale uscente Pippo Rossetti: “Mi fa specie che questo piccolo gruppo contesti l'adesione al campo largo toccando il tema delle infrastrutture, delle grandi opere – dice a Telenord – perché il centrosinistra ha già dimostrato, finanziando la diga, sbloccando la Gronda e progettando gli ospedali che il centrodestra non è riuscito a realizzare, di essere particolarmente attento allo sviluppo infrastrutturale. Inoltre tutti questi temi sono già stati discussi e risolti da Carlo Calenda in persona: Gianluca Causa vuole forse candidarsi al ruolo di segretario nazionale di Azione”?
Anche Cristina Lodi si dice molto tranquilla: “Nel nostro partito esistono i direttivi, è quello il luogo deputato a discutere le linee del partito, e in quella sede nessuno ha manifestato dubbi sulla nostra linea”.
Su questo punto, però, Gianluca Causa confessa di non avere avuto alcuna possibilità di far sentire la propria voce: “Nei direttivi non avevo potere di firma, ero un semplice osservatore. Rossetti e Lodi hanno costruito un partito a loro immagine e somiglianza, coi loro adepti nei ruoli chiave, non c'era modo di fermare questa deriva verso sinistra”.
Sullo sfondo della vicenda genovese ci sono le tensioni interne al partito a livello nazionale: Enrico Costa e Mariastella Gelmini potrebbero presto lasciare il partito di Calenda, emulando la diaspora già avvenuta in Italia Viva con l'addio di Luigi Marattin e altri dirigenti territoriali. Possibile che al centro della politica italiana ci sia un'ulteriore offerta, chissà se avranno il coraggio di chiamarla “Quarto Polo”.
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