Giorno della memoria: il racconto di Gilberto Salmoni, ultimo sopravvissuto genovese ai lager nazisti
di Carlotta Nicoletti
Un viaggio immersivo per oltre 100 studenti che hanno ascoltato le parole di Salmoni sulla prigionia, lo strazio e la salvezza grazie agli americani
A Palazzo Tursi, a Genova, Gilberto Salmoni, ultimo sopravvissuto genovese ai lager nazisti, ha inaugurato le celebrazioni per il Giorno della Memoria 2025. Oltre cento studenti hanno ascoltato il suo toccante racconto: dalla deportazione al campo di Buchenwald alla forza della memoria come strumento contro l’odio e l’indifferenza.
Il racconto di Salmoni – “Ho scoperto che appartenevo a una classe di minoranza, la mia famiglia era ebraica. Una legge che è venuta e ha colpito, ma nessuno ha mai compreso il perché di tutto questo, Mussolini ha avuto tre amanti ebree, era inconcepibile. Non c'erano sanzioni per aver commesso qualcosa di illegale, bastava essere ebrei per essere licenziati ed emarginati”, ricorda Salmoni con voce ferma. Deportato con la famiglia, tentò inutilmente di fuggire in Svizzera: “Una sosta poco prima del confine per mangiare è costata la vita ai miei genitori e a mia sorella, che sono stati portati ad Auschwitz dove sono stati uccisi subito”. Lui e il fratello finirono a Buchenwald: “Mangiavamo poco, lavoravamo tanto. Noi non abbiamo vissuto l'incubo delle selezioni che c'era in altri campi come Auschwitz, ti spogliavano subito e valutavano se valeva la pena tenerti in vita o meno".
La vita nei lager – Al campo, Salmoni vide la morte quotidianamente: “A Buchenwald sono morte 50.000 persone, quando ci hanno liberato eravamo meno di 20.000. Era una vita fatta di fame e paura, ma ci rincuorava vedere i cieli pieni di aerei americani che bombardavano la Germania. Mangiavamo una fetta di pane e del caffè a colazione, a pranzo altro caffè e finalmente la sera un pò di zuppa. Eravamo degli stecchi, non ci reggevamo in piedi e lavorare era impossibile". Salmoni in quel campo ci è entrato che aveva 11 anni e ne è uscito dopo 3 anni come ricorda lui, proprio grazie agli americani".
La memoria – Tra le testimonianze, un episodio emblematico, toccante ma anche straziante: una valigia donata a Salmoni, da una prigioniera che era rinchiusa in cella con la sorella a Bormio, dove era stata messa prima di andare ad Auschwitz. La donna non era stata arrestata per motivi razziali e sarebbe uscita poco dopo, dunque la sorella di Gilberto, consapevole che non sarebbe mai più tornata, le consegnò la sua valigia dicendo "a meno non servirà più", all'interno c'era ancora una parte del corredo di nozze e il corredino del bambino che portava in grembo, che non ha mai visto la luce. La valigia è stata conservata per 73 anni e poi in occasione di una giornata in cui Gilberto ha raccontato la sua storia in una piazza, un signore lo ha intercettato e così ha ritrovato quell'oggetto prezioso appartenuto alla sorella Dora. Oggi la valigia è custodita all’Istituto ligure per la storia della Resistenza, donato da Salmoni.
Un messaggio per il futuro – “Vorrei che le generazioni future ricordassero l’importanza della democrazia e della libertà di opinione che oggi abbiamo ma che all'epoca non esisteva”, ha concluso Salmoni. “Si viveva sotto regimi assoluti, chi dissentiva veniva perseguitato. Ti obbligavano a indossare la divisa nazista o fascista e se ti rifiutavi venivi punito". Rispondendo a una domanda di uno studente che ha chiesto a Gilberto come è stato vivere quell'orrore, lui ha concluso dicendo solo questo "mi dispiace per chi non ce l'ha fatta, per chi è stato ucciso".
Iniziative e riflessioni – L’evento, organizzato da Ilsrec e dal Comune di Genova, ha visto la partecipazione entusiasta degli studenti. “Solo grazie a loro la memoria può continuare a vivere”, ha commentato Carmelo Cassibba, presidente del Consiglio comunale. Presente anche il capogruppo del PD in consiglio regionale, Armando Sanna e altre figure istituzionali che hanno ascoltato come tutti commossi il racconto di Salmoni.
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