Caro Maurizio Michieli, ecco perché Roberto Mancini è indifendibile
di Redazione
Massimiliano Lussana risponde al commento sul sito di Telenord alla notizia delle dimissioni del Ct azzurro: "Tanta fortuna agli Europei, allenatore e uomo sopravvalutati"
di Massimiliano Lussana
Premessa indispensabile: credo che Aurelio De Laurentiis e la parola simpatia siano due strade parallele che rischiano di non incontrarsi mai. Ma, mai come in questi giorni, ho simpatia per ADL e per la sua presa di posizione durissima in difesa non di tre milioni di euro che per lui e per il Napoli sono probabilmente la mancia al bar.
Ma in difesa di un principio: se un allenatore firma un contratto che prevede un anno sabbatico pena il pagamento di una penale, non si vede perché due mesi dopo quel contratto debba essere carta straccia. Poi, chissenefrega se i soldi ce li mette Spalletti o la Federcalcio, è una questione di principio che vengano pagati. Ricordo quando Vincenzo Italiano se ne andò dallo Spezia dopo aver firmato il rinnovo: pur di andare alla Fiorentina i soldi della (giusta e sacrosanta) penale ce li mise lui.
E detto questo dico anche che, premesso che oggi il numero uno fra gli italiani per me è Roberto De Zerbi, per la Nazionale serve un selezionatore: quindi, fra i nomi girati, bene pure Daniele De Rossi, Fabio Grosso, Davide Nicola, Carmine Nunziata. O, se si vuole sognare in grande, anche Claudio Ranieri, che fra tutti a mio parere è quello che ha il phisique du role migliore e credo anche che per la Nazionale il Cagliari lo lascerebbe partire.
Seconda premessa: Voglio bene a Maurizio Michieli, lo considero un giornalista serio e onesto, non ottenebrato dalla fede blucerchiata, nonostante sia indubbiamente tifoso, e lo trovo ottimo anche quando si occupa di cronaca o di politica.
Poi, magari, non condivido alcuni suoi innamoramenti dirigenziali, come lui non condivide i miei. Ma ci sta.
Insomma, averne, professionalmente e umanamente.
Ma.
Ma quando parla di Roberto Mancini, con il suo ultimo articolo sul sito di Telenord (https://telenord.it/io-oggi-sto-con-roberto-mancini-60291), nonostante quello non gli abbia rivolto la parola per quindici anni (stica, direbbero a Roma) gli parte la brocca, come quando Claudio Onofri e Enrico Nicolini ci spiegavano all’unisono che Blessin era Blessin e l’aveva detto anche Fabio Capello, mica pizza e fichi, o che “se Ilsanker è il vero Ilsanker…”.
Insomma, Maurizio ama Mancini. Almeno quanto un altro caro amico (come tutti quelli citati, Claudio e Enrico poi hanno un valore aggiunto culturale e umano unico e davvero con loro basta guardarsi per capirsi) come Piero Sessarego, che parlando di Retegui l’ha elogiato dicendo “Io mi fido di Mancini”.
Ecco, io invece non mi fido, non mi sono mai fidato prima ancora di oggi. E oggi , ovviamente, mi fido ancora meno.
Retegui contro il Modena mi è piaciuto molto e quindi, al momento, avevo torto io e ragione Mancini che l’ha convocato. Ma siamo sicuri che lo meritasse più di Baldanzi e Orsolini, per fare due nomi?
E poi, a fronte della per ora vincente convocazione di Retegui e di Zaniolo che, al di là dei problemi nel gestirlo, che ci sono, è stato un’ottima intuizione, è utile ricordare i vari Gnonto, Grifo, Pafundi e compagnia bella che sembravano fatti apposta per “o famo strano”.
Il tutto mentre magari restava a casa Zaccagni. Ma, di preciso, di che stiamo parlando?
E poi c’è una sopravvalutazione assoluta a mio parere: la vittoria in Premier è avvenuta nel recupero del recupero e, per carità, vale e finisce negli annuari. Ma dominare il campionato è diverso.
E anche la storia degli Europei va quantomeno raccontata: i gol annullati per fuorigioco millimetrici all’Austria, che avrebbe strameritato di vincere quella partita, la lezione di gioco impartita dalla Spagna di Luis Enrique, per cui ho fatto il tifo non per spirito antinazionale – ricordo in quel momento una corrente antidraghiana che gufava fortemente l’Italia – ma per il merito assoluto umano e calcistico di quest’uomo.
E, a voler vedere bene, anche la finale con l’Inghilterra è stata contrassegnata da una buona dose di fortuna.
Che, per carità, mica è una colpa. Così come non è una colpa la parata decisiva di Donnarumma. Basta però che non si dia la colpa della sconfitta con la Macedonia del Nord allo stesso Donnarumma o alla sfortuna.
Insomma, io credo che Mancini sia un allenatore assolutamente sopravvalutato- per vedere un tecnico vero consiglio di andare in Inghilterra e seguire il lavoro di Roberto De Zerbi, ribadisco il migliore – e che andasse cacciato il giorno stesso della mancata qualificazione ai mondiali, dopo aver gettato al vento non uno, ma due match point, perché prima della Macedonia del Nord è venuta la Svizzera.
Invece, non solo non è stato cacciato, ma Gravina gli ha addirittura aumentato i poteri.
Roba da rivalutare Tavecchio e Ventura a vita.
Sinceramente, credo che un tecnico che fallisce così clamorosamente la qualificazione ai Mondiali debba dimettersi in cinque minuti, dopo aver chiesto scusa all’Italia a reti unificate.
Invece.
Il mio parere calcistico su Mancini è simile a quello del mio amico Marco Mangiarotti, che è il miglior giornalista musicale d’Italia, ma evidentemente capisce più di calcio di tanti sedicenti esperti per autocertificazione .
Ha scritto Marco: “Al netto del contenzioso che poteva avere con una Figc rea solo di non averlo cacciato a tempo debito, Roberto Mancini molla l’Italia a Ferragosto a 26 giorni da impegni fondamentali per il prossimo futuro della Nazionale. Un comportamento da gran professionista, con l’aggravante del danno alla propria nazionale. Non mi è mai piaciuto come uomo, talento sopravvalutato che ha sempre fallito con l’Italia, buon allenatore di un’Inter senza avversari per sentenze, bravo in un’altra Premier, molto più fortunato che bravo all’Europeo vinto, subito bollito poi. (…). Nella Samp di Vialli e Cerezo era il secondo violino, meglio alla Lazio. In bacheca poca roba, meglio il conto in banca”.
E, dopo l’intervista autoassolutoria dell’ex tecnico della Nazionale, la seconda parte, severa, ma giusta: “Nella autodifesa di Mancini la sua verità sui rapporti con il presidente Gravina, dalle nomine nello staff subite all’allontanamento dei suoi collaboratori. Su una cosa il Ct dimissionario ha ragione: Gravina è molto peggio di lui”.
Non basta, ci sono le rivelazioni della “Gazzetta dello sport” di oggi – un giornale che fino all’altroieri l’ha sempre difeso – che a mio parere sono la pietra tombale su tutto.
Cito.
“Il tecnico di Jesi ha dato la sua versione dei fatti, facendo riferimento soprattutto alla mancanza di fiducia da parte della Federcalcio e del presidente Gabriele Gravina e al cambiamento in blocco del suo staff. Ma qualcosa non torna. Partiamo dall’SMS che l’8 agosto, quattro giorni prima della formalizzazione delle dimissioni, la moglie dell’ormai ex c.t. Silvia Fortini, avvocato che si occupa anche della carriera del marito, invia a Gravina. È un messaggio schietto, in cui viene sondato prima se il presidente sia in vacanza per non disturbare, ma che poi va al sodo, chiedendo – in nome della serenità di Mancini – di modificare il contratto eliminando la clausola risolutiva in caso di mancata qualificazione all’Europeo. La parola staff non compare (non c’è nemmeno nel foglio che l’allenatore ha scritto di suo pugno il 12 per ufficializzare le dimissioni), ci si limita a fare riferimento alle novità dell’ultimo mese, tra cui la nomina del c.t. a coordinatore unico delle Nazionali U21 e 20, scelta tra l’altro che difficilmente può essere vista come una mancanza di fiducia.
Quello che invece viene scritto chiaramente è la clausola che prevede la rescissione del contratto del tecnico se non si andasse a Euro2024, questione che appare centrale per l’allenatore. Mancini stesso ha ammesso di averne chiesto la cancellazione con quel messaggio inviato dalla moglie, con l’obiettivo di poter lavorare più tranquillamente.
Viene da chiedersi però come mai un commissario tecnico, che nel caso specifico ha anche portato la Nazionale alla vittoria dell’ultimo torneo continentale, si preoccupi tanto e soprattutto adesso di una mancata qualificazione. Il timore è che alla base di una richiesta tanto importante da portare Mancini a queste improvvise dimissioni, ci possa essere stato anche il desiderio di tutelarsi – in particolare dal punto di vista economico – nel caso in cui l’avventura degli azzurri finisse ancor prima di cominciare. Certo, il fallimento Mondiale deve aver fatto parecchio male, ma allora Gravina aveva continuato a dare piena fiducia al suo c.t., adesso aveva deciso – senza farne segreto ma mettendolo nero su bianco – che se l’Italia avesse mancato un’altra volta l’obiettivo qualificazione, Mancini sarebbe stato sostituito. Togliere la clausola ora per il per il presidente non aveva senso, anche perché a brevissimo la Nazionale avrà un quadro più chiaro del suo cammino”.
Ecco, questa è la storia. Le dimissioni a meno di un mese dalle partite ufficiali inviate via Pec a Ferragosto e credo che in questo ci sia tutto lo stile di Mancini. Personalmente, non ne sentirò la mancanza. La sera di Wembley sono stato felice per Luca Vialli e ho pianto le sue lacrime. Quanto alle sirene arabe, non potrebbe fregarmene di meno, se lo riempiono di soldi fa bene a prenderli. A me fa male solo che sia rimasto in panchina ogni minuto passato da quel 24 marzo 2022 a Palermo, senza sentire la necessità di dimettersi e senza che nessuno abbia sentito la necessità di cacciarlo come sarebbe stata cosa buona e giusta.
Lo stile a volte non sta nella sfumatura del ciuffo, nè nel corretto arrotolamento della pashmina.
Caro Massimiliano, oltre ad averti chiesto io stesso il commento in risposta al mio e ad averne apprezzato le argomentazioni, ti riconosco l'abituale onestà intellettuale: queste sono sempre state le tue opinioni. A differenza, di molti altri critici, che hanno trattato per anni Mancini come un dio e oggi lo hanno scaricato in un secondo vomitandogli addosso ogni genere di "accusa". Ti ringrazio molto del bellissimo articolo e resto della mia idea: Roberto ha dato alla Nazionale azzurra e al calcio italiano molto più di quanto abbia ricevuto, sia da calciatore che da allenatore. Ps. Bellissima la chiosa finale sulla pashmina, degna di un fuoriclasse. Quasi come il Mancio (m.m.).
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