Armatori in fuga da Hong Kong: il rischio delle sanzioni Usa accelera il cambio di bandiera

di Carlotta Nicoletti

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Le tensioni tra Stati Uniti e Cina spingono gli armatori a spostare le loro flotte sotto nuove bandiere. Singapore e Isole Marshall tra le destinazioni preferite

Armatori in fuga da Hong Kong: il rischio delle sanzioni Usa accelera il cambio di bandiera

Il timore di sanzioni da parte dell’amministrazione Trump sta spingendo numerosi armatori a rinunciare alla bandiera di Hong Kong. Circa 74 navi, tra cui molte portarinfuse, hanno già trasferito la loro registrazione a Singapore e alle Isole Marshall tra il 2023 e il 2024. La decisione arriva dopo le minacce di Washington di imporre pesanti tasse alle unità con bandiera cinese o costruite nei cantieri del Dragone.

Sanzioni Usa – Il provvedimento proposto dall’Office of the United States Trade Representative (USTR) prevede tariffe fino a 1,5 milioni di dollari per ogni scalo negli Stati Uniti di navi costruite in Cina, indipendentemente dall’armatore. Per le unità battenti bandiera cinese o gestite da compagnie con ordini attivi nei cantieri cinesi, la tassa potrebbe arrivare fino a 3,5 milioni di dollari per scalo.

Effetto sugli armatori italiani – Secondo Confitarma, il 17% della flotta controllata dall’industria armatoriale italiana è stata costruita in Cina e l’85% dei nuovi ordini proviene da cantieri cinesi. “Immaginare che una nostra nave debba pagare un milione di dollari a ogni scalo Usa solo perché costruita in Cina pone un problema enorme”, afferma Luca Sisto, direttore generale di Confitarma.

Conseguenze per il commercio – Il CEO di MSC, Soren Toft, avverte che la tassa potrebbe spingere le compagnie a ridurre il numero di scali negli Stati Uniti o a rivedere le rotte, con un conseguente aumento dei costi per i consumatori. Per una portacontainer standard da 10.000 TEU, il costo aggiuntivo potrebbe essere di 400-600 dollari per container.

L’allarme di Assarmatori – Stefano Messina, presidente di Assarmatori, invita alla prudenza: “Prima di lanciare allarmi, meglio attendere le decisioni finali del governo Usa”. Tuttavia, avverte che lo shipping potrebbe subire forti ripercussioni, con effetti a catena sul commercio globale.

Risposta europea – Le restrizioni commerciali stanno aumentando in tutto il mondo. Secondo l’Harvard Kennedy School, i dazi imposti al commercio marittimo pesano per oltre 2.000 miliardi di dollari, l’equivalente del PIL del Canada. Per Sisto, l’Europa deve rivedere le proprie politiche industriali per non penalizzare ulteriormente le imprese europee.

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