'Vorrei una voce': lo spettacolo di Tindaro Granata al teatro dell’Arca il 25 ottobre

di Emilie Lara Mougenot

“La cosa più difficile è stata fare riprendere consapevolezza del loro corpo e della loro bellezza”

Uno spettacolo toccante costruito intorno alle canzoni di Mina, la ‘tigre di Cremona’. Un monologo che non è un monologo, -Vorrei una voce- è la voce di alcune donne, Sonia, Assunta, Jessica, Vanessa, ma anche di tante altre, di quelle donne a cui non è permesso sognare. Una messa in scena che parla di loro, di noi stessi, ma che parla anche di Tindaro Granata, autore e attore che ci offre un’interpretazione poliedrica.

Tindaro ci presenta il frutto di due anni di lavoro, di racconti, di confessioni e condivisioni con le detenute del carcere di Messina, la sua città natale. Un percorso teatrale ma soprattutto umano, che ci arriva come una tempesta di coscienza. Due anni di lavoro in cui la consapevolezza di sé e della propria parte femminile sono essenziali per tirare fuori la voce.

Smettere di sognare significa rinunciare a una parte di sé. -Vorrei una voce- è dedicato a chi deve trovare la forza di ricominciare a sognare.

Lo spettacolo tornerà a Genova il 25 ottobre al Teatro dell’Arca, dopo una serie di prove con i detenuti di Marassi. Il teatro diventa un ponte con il mondo esterno, un ponte che offre uno spazio di espressione creativa, aiutando a sviluppare empatia, consapevolezza e capacità relazionali.

E in quel ponte sospeso tra libertà negate e sogni ritrovati, il teatro diventa voce di chi non può più gridare, di chi cerca una via per ricordare a se stesso la propria essenza.

-Vorrei una voce- è un viaggio nell’animo, un’eco che si alza contro il silenzio, trasformando la sofferenza in forza, il buio in consapevolezza. Ogni battito di scena, ogni nota di Mina, si intreccia ai battiti dei cuori di queste donne, restituendo loro la speranza di esistere, ancora una volta, al di là delle sbarre.