Sampdoria, le strade (strette) per la salvezza della società: tre settimane prima della fine dei "giochi"

di Maurizio Michieli

5 min, 38 sec

Il "commissario" Bissocoli ed il Cda portano avanti due ipotesi, l'alternativa sono il fallimento e la serie D

Sampdoria, le strade (strette) per la salvezza della società: tre settimane prima della fine dei "giochi"

Più il tempo passa e più diventa difficile per la Sampdoria trovare una soluzione alla crisi societaria, posto che la squadra ha già un piede e tre quarti in serie B. Ecco perché la settimana che si è appena aperta e le due che seguiranno si riveleranno decisive per comprendere quale sarà il destino del club di Corte Lambruschini e, di conseguenza, anche la categoria di appartenenza a livello sportivo.

Com'è noto il Cda (dopo che erano andate deserte le quattro assemblee straordinarie convocate per la ricapitalizzazione) ha dato vita ad una composizione negoziata, che formalmente si concluderà il 6 giugno prossimo. La procedura si è resa necessaria, considerata la carenza di liquidità nelle casse di Corte Lambruschini, per tutelare la Sampdoria, sino a quella data, da potenziali aggressioni da parte dei numerosi creditori alla porta. Una situazione che avrebbe spianato la strada al fallimento anticipato del club e alla perdita del titolo sportivo.

La composizione negoziata, dunque, ha consentito di guadagnare tempo ma non di risolvere i problemi, alla luce del fatto che l'azionista di maggioranza, Massimo Ferrero, non è in grado di ricapitalizzare la società. Verrebbe da scrivere di capitalizzare e basta, giacché durante la sua gestione non si sono mai registrati aumenti di capitale e la Sampdoria è andata avanti grazie alle plusvalenze (sulle quali peraltro pende anche un'inchiesta da parte della Procura), ai soldi delle pay tv e alle sponsorizzazioni. Nel momento in cui tutto ciò non è bastato sono iniziati i guai, che la pandemia non ha aggravato (come la narrazione comune ama far credere) ma ha semmai aiutato a tamponare in virtù dei prestiti ottenuti con la garanzia dello Stato.

Ma se entro il 6 giugno la Sampdoria non cambierà proprietà, alla scadenza della composizione negoziata si spalancherà il baratro di un fallimento dunque solo rinviato. Tra l'altro il mese di maggio è costellato di scadenze (la trimestrale degli stipendi ai calciatori e la rata Irpef) per le quali, allo stato attuale, non risultano esserci le disponibilità finanziarie. Va ricordato che queste ottemperanze, se non onorate, comporterebbero rispettivamente punti di penalità in classifica (e sarebbe il meno, purtroppo) e la decadenza ad usufruire del beneficio della rateizzazione del debito con il Fisco, che dovrebbe essere saldato in un'unica soluzione (impossibile).

Ecco perché il commissario Eugenio Bissocoli, in sinergia con il Consiglio di amministrazione (Marco Lanna, Antonio Romei, Gianni Panconi, Alberto Bosco), è alla ricerca di vie di uscita. Quali? Sostanzialmente due, tenuto conto che l'ipotesi del Poc (prestito obbligazionario convertibile) non è decollata e nessuno (nemmeno Garrone, in cui spera sino all'ultimo Ferrero) sembra disposto a rilevare la Sampdoria dal Trust per la "modica" cifra di circa 35 milioni di euro.

La prima soluzione, essendo possibile durante la composizione negoziata da parte del curatore nominato dalla Camera di Commercio (appunto, l'avvocato Bissocoli) mettere all'ordine del giorno un aumento di capitale, che ciò venga richiesto. In questo contesto potrebbe essere sottoscritto non solo dal socio di maggioranza (Ferrero) ma anche da parte di un piccolo azionista, qualora fosse in grado di farlo. Alessandro Barnaba rientra tra questi, avendo acquisito piccole quote azionarie della Sampdoria. Ma la domanda sorge inevitabile: sarebbe disposto a farlo, con un conseguente aggravio dell'esborso da lui già previsto nel piano di acquisizione della Sampdoria? La risposta, a quanto pare, è no. Ma le cose, non è escluso, possono anche cambiare ed è comunque doveroso ed obbligato, da parte di Bissocoli e del Cda, percorrere tutte le strade giuridicamente possibili.

La seconda soluzione è tecnicamente più rischiosa ma, probabilmente, la più accreditata: dopo avere negoziato con tutti gli interlocutori la composizione (così come del resto prevede la normativa stringente), l'avvocato Bissocoli ed il Cda possono interrompere la procedura e avviare il cosiddetto concordato semplificato liquidatorio. Di che cosa si tratta? E' un procedimento che viene in aiuto agli imprenditori nel caso in cui la composizione negoziata non abbia appunto successo. E’ definito semplificato rispetto al concordato liquidatorio disciplinato nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (artt. 47 e 84 comma 4), perché, tra l’altro, non prevede il voto dei creditori per l’approvazione del piano e la nomina del commissario giudiziale.

Questa tipologia di concordato presenta caratteristiche peculiari che la distinguono nettamente dal concordato classico, tra cui il fatto che non è prevista la fase di ammissione; è esclusa la figura del commissario giudiziale (sostituita da quella dell’ausiliario); non è riconosciuto il diritto di voto ai creditori; non è richiesto al debitore di garantire una percentuale minima di soddisfacimento ai chirografari nonostante l’impianto liquidatorio dello strumento.

In questo ambito di liquidazione giudiziale potrebbe intervenire il Fondo Merlyn Partners di Alessandro Barnaba, con l'appoggio esterno di Edoardo Garrone e forse anche di qualche altro imprenditore sampdoriano locale, presentando al Tribunale un serio piano di rilancio del solo ramo sportivo dell'azienda Sampdoria, la cosiddetta good company. A quel punto spetterebbe al Tribunale accettare o meno la proposta, stralciando e dunque mandando a fallimento la cosiddetta bad company (tra cui i debiti con l'erario). L'alternativa sarebbe perdere tutto: non solo la parte cattiva, ma anche quella buona (tra cui i circa 40 dipendenti della Sampdoria). Ed è ipotizzabile che di fronte al fatto di perdere tutto o salvare qualcosa, il Tribunale possa optare per questa seconda strada, soprattutto se Barnaba (come sembra) mettesse sul tavolo anche un contributo al salvataggio delle piccole e medie aziende del territorio che vantano crediti importanti con la Sampdoria. Come? Sanando una parte del loro debito e prolungandone gli appalti, quindi il lavoro, anche per i prossimi anni.

Ammesso e non concesso che il piano superi il vaglio del Tribunale, l'altro scoglio da affrontare sarebbe quello della compatibilità della procedura con l'ordinamento sportivo e quindi il salvataggio del titolo sportivo (ragionevolmente la serie B). Assicurazioni in tal senso sarebbero arrivate dai vertici della Figc ma non esistono garanzie assolute, trattandosi di novità senza precedenti specifici.

Resta comunque il nodo dei tempi. Due, tre settimane al massimo per avviare una di queste due soluzioni in campo. Altrimenti per la Sampdoria non ci sarà più lo spazio di manovra né il tempo necessario per completare le operazioni di salvataggio ed iscriversi al prossimo campionato di serie B (salvo miracoli). E l'unica alternativa resterebbe il fallimento sul piano societario e la serie D su quello sportivo. Game over, fine dei giochi. Almeno per ora. Giacché la Sampdoria, con il suo patrimonio di storia, passione e tifosi, saprebbe sicuramente risorgere ma con addosso una ferita dolorosa e profonda che non merita.