Omicidio Cella: prosciolta la Cecere. La madre di Nada piange alla lettura del verdetto

di Redazione

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Prosciolti anche Marco Soracco e la madre Marisa Bacchioni. La procura potrebbe fare ricorso. Il legale della famiglia della vittima: "La magistratura non finisce mai di stupirmi"

Omicidio Cella: prosciolta la Cecere. La madre di Nada piange alla lettura del verdetto

È stata prosciolta Annalucia Cecere, la donna accusata di avere ucciso il 6 maggio 1996 la segretaria Nada Cella nello studio del commercialista Marco Soracco, a Chiavari. Prosciolti anche quest' ultimo e l'anziana madre Marisa Bacchioni.

La Cecere era accusata di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. Soracco e la madre Marisa Bacchioni dovevano rispondere di false dichiarazioni al pm e favoreggiamento: per l'accusa avrebbero mentito nel corso degli interrogatori fatti fino a un mese fa.

La Cecere, secondo il pm Gabriella Dotto, avrebbe ucciso Nada "per motivi di rancore e gelosia verso la vittima (per via della posizione da lei occupata all'interno dello studio di Soracco e la sua vicinanza a costui)". Soracco e la madre, sostengono gli investigatori della squadra mobile, avrebbero mentito più volte. La procura potrebbe fare ricorso.

"Siamo attoniti e dispiaciuti. E la famiglia stupita. La magistratura non finisce mai di stupirmi. Speravo e confidavo che si potesse approfondire. Sarebbe stato giusto celebrare questo processo". Lo ha detto l'avvocato Sabrina Franzone che assiste Silvana Smaniotto, la madre di Nada Cella, dopo il proscioglimento di Annalucia Cecere. "La famiglia comunque sa. Sa che le cose sono andate come la polizia e la procura hanno ricostruito. Questa indagine è stata condotta in modo corretto da parte di tutti", conclude la legale.

La madre di Nada ha pianto in aula alla lettura del dispositivo ed è andata via sorretta dalle nipoti.


 "Ce lo auspicavamo che andasse così. Dopo la riforma Cartabia il gup deve rinviare a giudizio se ci sono prove oltre ogni ragionevole dubbio". Lo ha detto l'avvocato Andrea Vernazza, che assiste il commercialista Marco Soracco e la madre, dopo la sentenza di proscioglimento. "Mi sembra che ci sia stata una formula piena - ha continuato - ma poi lo vedremo con le motivazioni. Siamo contenti per Soracco e la sua anziana mamma. È una bella soddisfazione. L'impressione è che si fosse andato dietro a chiacchiere di paese".

 "Siamo ovviamente molto soddisfatti del proscioglimento. Ce lo aspettavamo perché gli indizi erano molto labili. Aspettiamo le motivazioni e la decisione del pm". Così gli avvocati Giovanni Roffo e Susanna Martini che assistono Annalucia Cecere dopo la sentenza di proscioglimento. "Per noi i punti deboli dell'indagine erano chiari: gli indizi non erano gravi, precisi e concordanti. Con le carte alla mano abbiamo cercato di fare capire la logicità della linea difensiva mentre la linea dell'accusa aveva incongruenze profonde", hanno continuato. "Il bottone era simile ma non uguale e francamente non vedo quali novità potessero emergente a seguito di consulenze. Lei ha sempre sostenuto la sua totale estraneità. Non è stata per tutti questi anni una situazione piacevole".

Secondo la procura, invece, il commercialista avrebbe detto che quella mattina era sceso in studio solo qualche minuto dopo le 9,10 ma risulta "invece provato il suo accesso in studio prima delle 9 e la conoscenza della identità dell'autrice della aggressione". Inoltre avrebbe mentito sulla sua conoscenza con la Cecere dichiarando "di non aver avuto alcuna relazione, ma solo una occasionale frequentazione, e che la donna non era mai andata in studio, eccetto che in una sola occasione - qualche giorno prima dell'omicidio - in cui l'aveva ricevuta la segretaria Nada Cella".

Il castello di bugie, secondo gli inquirenti, riguarderebbe anche la telefonata di una amica "ricevuta lo stesso giorno dell'omicidio (con la richiesta di intercedere per il posto di lavoro di Nada) e in merito alla telefonata ricevuta personalmente il giorno in cui la stessa Cecere subì una perquisizione ("non sono mai stata innamorata, anzi mi fai schifo"), ometteva di fornire informazioni utili (asserendo solo di aver considerato la persona della Cecere "figura non importante"). E poi dichiarava "di non essersi accorto di quanto accaduto alla segretaria e di aver inizialmente pensato ad un malore o a un urto accidentale su qualche spigolo (pur avendo in realtà ritenuto che fosse necessario astenersi dal toccare la vittima o altri oggetti nella stanza)". Le indagini erano state riaperte grazie allo studio delle vecchie carte da parte della criminologa Antonella Pesce Delfino e dell'avvocata Sabrina Franzone.