La Spezia, Peracchini: "La rimozione delle panchine? Conseguenza di comportamenti irresponsabili"
di Alessandro Bacci
Il sindaco: "Le misure anti assembramento non sono uno scherzo, in altre città sono state messe in pratica misure più gravi"
A seguito delle misure anti assembramento disposte dal Comitato per l'Ordine e la Sicurezza, il sindaco della Spezia, Pierluigi Peracchini ha voluto chiarire i motivi e le circostanze che lo hanno portato ad adottare questi provvedimenti: “La rimozione delle panchine non è uno scherzo dell’Amministrazione, -afferma il sindaco- ma l’inevitabile conseguenza, purtroppo, di comportamenti sconcertanti e irresponsabili, in tempo di epidemia, accaduti lo scorso fine settimana che hanno reso di fatto necessario prendere ulteriori provvedimenti affinché si evitassero situazioni che potessero favorire il contagio."
"Il monitoraggio del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza è serio e severo, e in altre città italiane si stanno prendendo misure ben più gravi come ad esempio, il senso unico nelle aree pedonali, la chiusura di varie piazze della Città e il divieto di stanziamento, per evitare gli assembramenti e aiutare le Forze dell’Ordine. Misure che personalmente non volevo adottare per la nostra Città, perché metterebbero ancora più in crisi tutto il commercio del centro storico e non solo. E per evitarle, è necessario lo sforzo di ciascuno di seguire le regole anticontagio."
Peracchini informa i cittadini del capoluogo, ma estende il suo messaggio a tutta la provincia: "La nostra Città si fa forte, attualmente, di essere la Provincia con i numeri migliori in termini di contagio, ma non possiamo fingere di non essere in zona arancione, circondati quasi completamente da zone rosse e che gli episodi gravissimi dello scorso weekend non siano mai accaduti."
Il sindaco chiede ai propri cittadini un ulteriore sforzo per riuscire a bloccare il contagio: "Al di là della tipica ironia spezzina che ci contraddistingue, chiedo a tutti massima serietà e impegno, da parte di giovani e meno giovani, e di non costruire degli alibi per comportamenti dovrebbero essere semplicemente evitati: i controlli interforze ci sono su tutto il territorio, ma non possiamo pensare che sia giusto vivere in uno stato di polizia perché significherebbe che a un anno dalle camionette militari che uscivano da Bergamo per trasportare le vittime di Covid, non abbiamo ancora maturato la gravità dei tempi che corrono e la responsabilità individuale che ci è imposta dal virus. ”
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