Il declino di Savona e la scarsa rappresentatività, Pasquale: "Colpa nostra, troppo autoreferenziali"

di Gilberto Volpara

Tra i casi eclatanti, la mancanza di un assessore nella giunta Toti

La provincia di Savona rappresenta il motore trainante del turismo ligure. Quel territorio segna una delle economie più rilevanti dell'intera nazione in rapporto a produttività ed estensione: i livelli di competitività sono simili all'area milanese nonostante la carenza infrastrutturale. La ricchezza prodotta dalla sua portualità rappresenta un unicum a livello italiano se paragonata allo spazio a disposizione. 
 
Tuttavia, la considerazione di Savona, in chiave regionale, spesso, si scontra con una dimensione non da grande provincia. Anzi, la considerazione assomiglia a quella del "paesotto". In nome della presunta efficienza, in pochi anni, la città della Torretta e i suoi dintorni hanno visto sparire una banca, la propria Camera di Commercio, ma anche l'autonomia delle banchine. 
 
Ai tempi attuali, lo scarso peso politico, si misura con la presenza di savonesi nella giunta regionale guidata dal presidente Giovanni Toti: nessun assessore proveniente da quella fetta di ponente compreso tra Varazze ed Andora passando per la Valbormida. Un dato eclatante nonostante la storia amministrativa ligure abbia insegnato, anche in tempi relativamente recenti - vedi le esperienze di Biasotti e Burlando - che il Savonese risulti, spesso, arbitro di sfide elettorali in equilibrio. 
 
Neppure la tormentata vicenda del rigassificatore ha fatto cambiare le cose. La contingenza imponeva al governatore la sostituzione dell'assessore allo sviluppo economico, Andrea Benvenuti, che ha avviato un percorso manageriale in Ansaldo Energia. Poteva essere il momento di bilanciare gli equilibri tra le province liguri facendo gestire a un savonese quella partita così delicata. La scelta di Giovanni Toti e dell'importante azionista del governo regionale, il leghista Edoardo Rixi, si è concentrata sul genovese Alessio Piana. Logico interrogarsi, dunque, sulle motivazioni di una savonesità così irrilevante nella dimensione ligure.   
 
A Telenord giunge durissima la risposta di chi ha conosciuto meglio di chiunque altro il vero potere di quella città, ossia, Luciano Pasquale. La sua leadership si è snodata attraverso più istituzioni cittadine, pubbliche e private. Guida ultratrentennale dell'Unione Industriali in qualità di direttore, ha diretto la Camera di Commercio, la Banca Carisa e oggi è la guida della Fondazione De Mari. "Scarsa rappresentatività? "Scontiamo un peccato originale dal quale non riusciamo a redimerci, siamo autoreferenziali e quasi narcisisti" l'affondo di Pasquale verso i savonesi. Parole pesanti dette da un tortonese impiantato nelle strade adiacenti a via Paleocapa. "Non siamo inclini alle relazioni che richiedono sacrificio. Dovremmo essere noi a guadagnarci i nostri traguardi, ma non siamo inclini a questa mentalità. Pertanto, non è soltanto questione di uomini, ma di una visione orientata a saper diffondere la cultura del bene comune attraverso la valorizzazione in chiave generale e non del particolare. Su questo, Savona deve compiere ancora un grande lavoro". 
 
Riflessioni destinate a provocare dibattito non solo in città per una Savona (davvero in declino?) senza dubbio alla ricerca di identità e un po' di autostima.