Giorgio Griffa, tra luce e memoria: a Genova la grande mostra “Dipingere l’invisibile”
di Emilie Lara Mougenot
Un viaggio nell’arte astratta di uno dei protagonisti della pittura contemporanea italiana, tra tele sospese nel tempo e una nuova luce su Palazzo Ducale
Un’esposizione monografica dedicata a Giorgio Griffa trasforma le sale dell’Appartamento del Doge di Palazzo Ducale di Genova. La mostra, intitolata Dipingere l’invisibile, sarà aperta al pubblico dal 22 marzo al 13 luglio 2025 e offrirà un percorso attraverso sessant’anni di carriera dell’artista torinese. L’allestimento, curato da Ilaria Bonacossa, direttrice del Palazzo Ducale, e Sébastien Delot, si sviluppa tra grandi tele, opere su carta e installazioni, con un omaggio speciale a Eugenio Montale in occasione del centenario della raccolta Ossi di seppia.
Giorgio Griffa – Pittore tra i più significativi della scena contemporanea italiana, Griffa ha esposto in tre Biennali di Venezia (1978, 1980 e 2017) e in oltre duecento mostre personali in tutto il mondo. La sua ricerca, partita negli anni Sessanta, si è sviluppata attraverso tredici cicli pittorici, caratterizzati da segni essenziali, colori diluiti e una riflessione profonda sul tempo e sulla memoria della pittura. «Si dipinge sempre il pensiero» afferma Griffa. «A un certo punto ho dovuto abbandonare la figura, non per una scelta astrattista, ma perché le figure erano diventate superflue, si sovrapponevano alla pittura e le toglievano significato».
Luce e spazio – Uno degli elementi chiave della mostra è l’interazione, "il dialogo", tra le opere di Griffa e l’architettura del Palazzo. Su suggerimento dello stesso artista, sono state riaperte dopo vent’anni le finestre dell’Appartamento del Doge, lasciando entrare la luce naturale. «Diamo luce, facciamo rientrare la vita» sottolinea Griffa. «La luce naturale fa respirare lo spazio e le opere, dando loro una dimensione diversa, più profonda». Anche Ilaria Bonacossa spiega il significato di questa scelta: «La pittura di Griffa ha la forza silenziosa dell’acqua e crea una sospensione temporale. La luce è fondamentale nel suo lavoro e per questo abbiamo voluto che anche il Palazzo riflettesse questa trasformazione».
Memoria e segni – Il lavoro di Griffa si basa sulla ripetizione e sulla variazione di segni primari, tracciati su tele grezze non intelaiate, appoggiate a terra. «Tutta la conoscenza avviene per frammenti» afferma l’artista. «La pittura può continuare a raccontare il mondo, anche in questo universo in perenne movimento». Per il curatore Sébastien Delot, la ricerca di Griffa è un continuo dialogo con il tempo: «Dare vita a un tratto, a una linea, a una forma significa per lui esprimere il rapporto con la memoria della pittura. Come un musicista, Griffa costruisce variazioni sottili su spazio, colore e segno, dimenticando tutto per avvicinarsi il più possibile all’origine».
Un legame con Genova – Nonostante la sua carriera internazionale, Griffa ha un rapporto profondo con la città ligure. Già negli anni Settanta aveva esposto nella Superba e nel 1975 proprio nel Palazzo Ducale, insomma questa mostra è un ritorno a radici profonde. «Genova ha conservato una memoria fortissima, non solo della sua epoca barocca, ma anche della Repubblica Marinara» spiega l’artista. «Il fatto che abbia mantenuto la sua struttura medievale mi aiuta a identificarmi con la memoria altissima della città. E poi c’è la sua luce bellissima».
Un nuovo capitolo per Palazzo Ducale – Con questa mostra, Palazzo Ducale rafforza il suo impegno nell’arte contemporanea. «Non è un salto nel vuoto – sottolinea Beppe Costa, presidente della Fondazione per la Cultura – Genova ha sempre avuto un ruolo centrale nel dibattito artistico del Novecento, e questa esposizione rinnova una tradizione importante». Anche l’assessore alla Cultura Lorenza Rosso evidenzia il valore dell’evento: «Le opere di Griffa ci invitano a esplorare l’invisibile e a confrontarci con l’ignoto, offrendo al pubblico un’esperienza unica».
Arte e conoscenza – Per Griffa, l’arte non è solo espressione, ma anche strumento di comprensione: «Ho sempre avuto un rapporto molto stretto con la musica e la poesia, non solo per il ritmo, ma per il loro valore conoscitivo. Le arti esplorano la parte nascosta del mondo, o meglio, la parte nascosta di noi stessi. Aprono una porta che non offre risposte generali, ma dà a ciascuno la sua via».
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