Geo Barents a Genova, la soccorritrice di Medici Senza Frontiere: "Trovati dopo tre ore in mezzo al nulla, venivano imprigionati e torturati"

di Filippo Serio

Sulla mossa del Governo di scegliere il porto ligure per lo sbarco: "E' il più lontano mai assegnatoci, così ci allontanano dalla nostra zona di soccorso"

Questa mattina verso le 7.40 la nave umanitaria Geo Barents è approdata al porto di Genova, con a bordo i 63 migranti che la Ong di Medici Senza Frontiere aveva tratto in salvo la settimana prima.

A raccontare il soccorso effettuato e poi il viaggio dal canale di Sicilia a Genova, è Fulvia Conte, responsabile ‘Medici Senza Frontiere’ a bordo della nave.

“Dopo aver ricevuto la notizia che c’era un’imbarcazione in difficoltà - spiega la volontaria - ci siamo spostati per cercare il gommone e lo abbiamo trovato a notte fonda dopo tre ore di perlustrazione. Quando lo abbiamo rintracciato abbiamo visto che i tubolari che lo facevano galleggiare erano quasi del tutto sgonfi ma siamo comunque riusciti a trarre in salvo tutte le 63 persone a bordo.”

“Ci è poi stato assegnato il porto di Genova - continua Conte, commentando il motivo dell’arrivo della Geo Barents in città - il più lontano mai assegnato alla nostra nave umanitaria, a oltre 1160 km distanza da dove eravamo. Sono stati tre lunghi giorni di navigazione, troppi non solo per le persone imbarcate ma anche per la nave di soccorso, che in questo modo si è allontanata dall’area in cui prestava il suo servizio. Abbiamo ricevuto notizia, infatti, che nei giorni in cui ci stavamo avvicinando a Genova, c’erano altre imbarcazioni bisognose di aiuto per un totale di centinaia persone. Alcune sono state soccorse dalla guardia costiera e dalle ONG, di altre abbiamo perso notizia e altre ancora sono state respinte e riportate in Libia, cosa che sottolineo essere contro il diritto internazionale, tornando ad essere buttati in quel ciclo di detenzione, violenza e sofferenza che hanno attraversato in Libia.”

“Le persone che abbiamo salvato - conclude la volontaria di ‘Medici Senza Frontiere’ - erano in condizioni precarie, in pericolo di vita, ci sono casi medici e psicologici molto delicati. Ci hanno raccontato i motivi terribili che li hanno spinti a fuggire e anche quello che hanno dovuto passare in Libia: alcuni erano tenuti come in cattività, altri hanno subito torture, violenze sessuali e psicologiche. Ricordiamo anche che a bordo ci sono minori non accompagnati, di cui la più piccola ha tredici anni”.