Genova, Cgil in piazza per il sì ai referendum dell'8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza

di Roli

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Dal palco in largo Pertini parte la proposta della Federazione nazionale stampa italiana: una manifestazione a Roma per il rinnovo di tutti i contratti nazionali

Genova, Cgil in piazza per il sì ai referendum dell'8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza

La Cgil scende in piazza per il sì: per la seconda settimana di fila il sabato genovese è segnato da una manifestazione sui referendum dell'8 e 9 giugno, che mettono al centro i temi di cittadinanza e lavoro (li avevamo spiegati nel dettaglio qui). "L’8 e 9 giugno chiediamo a tutti gli elettori di andare a votare e votare sì – spiega Igor Magni Segretario della Camera del Lavoro di Genova  - il voto al referendum è un voto diretto, senza intermediazioni, e con 5 sì possiamo cambiare la realtà delle cose. Penso alla sicurezza sul lavoro, al lavoro precario, a chi viene licenziato ingiustamente e come contropartita riceve solo un contributo economico. Penso a tutte quelle donne e quegli uomini stranieri che sono cittadini a tutti gli effetti perché vivono e lavorano nella nostra città, mandano i figli a scuola, pagano le tasse, ma per chiedere la cittadinanza devono aspettare ben 10 anni. Votare sì a tutti e 5 i requisiti è un atto rivoluzionario perché consente a ognuno di noi di cambiare le cose subito e in modo diretto".

Dati negativi - I dati già elencati nei giorni scorsi dal sindacato sono negativi: solo il 6,6% dei giovani sotto i 29 anni nel 2024 è stato assunto con un contratto stabile; inoltre i contratti di apprendistato sono calati del 12,1%. Questi numeri hanno determinato una fuga dei giovani dalla Città Metropolitana di Genova, con 1.174 ragazzi e ragazze tra i 18 e i 39 anni che si sono trasferiti all'estero, il 12% in più rispetto all'anno precedente e dato più alto dal 2014. In aumento anche i morti sul lavoro: in Italia sono stati 1.090 nel 2024; in Liguria 26 di cui 10 nella città metropolitana di Genova, +4 rispetto all'anno precedente.

Una manifestazione per i contratti nazionali - Dal palco di largo Pertini è partita la proposta di una manifestazione unitaria per il rinnovo dei contratti nazionali, fermi da anni "come quello dei giornalisti, che non viene aggiornato da un decennio e che ha visto il potere d'acquisto della categoria erodersi del 10%" spiega Alessandra Costante, segretaria generale della Federazione nazionale della stampa italiana. Quello del giornalismo è un settore con "tantissimo precariato e la situazione dal 2014 (anno del jobs act) a oggi è peggiorata molto: siamo passati da oltre 17mila lavoratori dipendenti a meno di 14mila. È aumentato il precariato, con i co.co.co. e i lavoratori autonomi, colleghi che guadagnano un quarto di quello che guadagna un articolo uno, parliamo di circa 12-14mila euro all'anno".

Il falso mito della flessibilità - Secondo l'ex segretario della Cgil Sergio Cofferati è "molto importante cancellare alcune norme di legge che hanno reintrodotto la precarietà del lavoro, togliendo dirtitti che prima esistevano o negandoli dalla radice". La ragione sta nella promessa della flessibilità, che "non ha dato vantaggi, anzi ha levato condizioni positive per tante persone, in verità era semplicemente la cancellazione di diritti che prima esistevano". Parlando di lavoro non si può non menzionare la promessa del candidato sindaco del centrodestra Pietro Piciocchi, che ha promesso di creare 20mila nuovi impieghi di qualità nei prossimi 5 anni: "Trovo incomprensibile e in qualche modo anche fastidioso che in campagna elettorale vengano fatte promesse di questa natura - attacca Cofferati -. Servono 20mila posti di lavoro perché non li hanno fatti prima. Non erano presenti le condizioni marteriali per poterlo fare? Allora parliamo di quello, delle leggi nazionali che servono a dare certezza e qualità al lavoro e poi parliamo degli investimenti che vengono fatti. Penso che sia importante in campagna elettorale parlare di come un territorio debba crescere, cambiare, mantenere quello che funziona e creare qualcosa di nuovo. Non facciamo promesse inutili che non servono, se non a rendere poco credibile l'attività della politica".

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