Genova, Banca Carige: respinta la richiesta danni da 482 milioni presentata da Malacalza

di Marco Innocenti

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Il gruppo e il suo fondatore Vittorio avevano impugnato la delibera dell'assemblea che nel 2019 aveva varato l'aumento di capitale da 700 milioni

Genova, Banca Carige: respinta la richiesta danni da 482 milioni presentata da Malacalza

Il tribunale di Genova ha respinto la richiesta danni da 482 milioni presentata dai Malacalza dopo il riassetto del Gruppo Carige del 2019. L'ex primo socio dell'istituto bancario genovese, dopo la delibera dell'assemblea dei soci che il 20 settembre 2019 aveva deciso un aumento di capitale da 700 milioni di euro, senza però riconoscere il diritto di opzione ai vecchi soci. Da qui, l'impugnazione da parte del gruppo Malacalza  e del suo fondatore Vittorio, come singolo socio, oltre a quello di altri azionisti, più o meno piccoli.

Oggi il tribunale civile di Genova ha emesso la propria sentenza, dichiarando inammissibile la domanda di risarcimento presentata. Respinte anche le richieste danni presentate dai piccoli azionisti e dal rappresentante comune degli azionisti di risparmio, oltre alla richiesta riconvenzionale contro Malacalza.

Nella sentenza di 77 pagine dei giudici genovesi si segnala come "condivisibile l'argomento difensivo offerto da Carige per sostenere l'inammissibilità dell'azione di Malacalza Investimenti srl per violazione del divieto di venire 'contra factum proprium' ossia il divieto di assumere comportamenti e di far valere pretese inconciliabili con l'"onere di coerenza" e con la "regola di autoresponsabilità". Tradotto in parole semplici il ragionamento: i Malacalza non hanno partecipato all'assemblea del 2019 non depositando le proprie azioni, ma se erano contrari al riassetto avrebbero potuto partecipare votando contro, facendo quindi saltare l'operazione visto che serviva l'assenso dei due terzi dei presenti in assemblea.

Sul diritto di opzione, i giudici ricordano molte delle informazioni fornite dai commissari nella documentazione per l'assemblea contestate e dopo aver segnalato che il diritto di opzione non è stato in realtà escluso ma limitato e ricordano, da parte di Carige, come per "l'interesse sociale, sia necessario considerare l'unitarietà dell'operazione complessiva di messa in sicurezza della banca, che prevedeva da un lato la realizzazione di un aumento di capitale funzionale al ripristino dei requisiti patrimoniali, anche in relazione alle richieste di derisking della Bce, e dall'altro la cessione di un portafoglio di crediti deteriorati a Sga, la cui offerta era a sua volta subordinata all'esecuzione del rafforzamento patrimoniale".

Sottolineano tra l'altro come sia "in termini di ragionevolezza che deve essere valutata la scelta dei commissari in ordine alla limitazione del diritto di opzione dei soci ordinari e, al riguardo, il collegio ritiene rilevante sottolineare che le proposte deliberate dai commissari speciali in data 29.8.2019 hanno trovato sostegno nel parere di congruità del 30.8.2019 della società di revisione". Segnalando anche una sentenza della Cassazione del 1970 "secondo cui per escludere o limitare il diritto d'opzione è sufficiente che l'interesse sociale sia "serio e consistente, tale da giustificare che, nella scelta del modo di realizzare l'aumento di capitale, sia ritenuto preferibile, perché ragionevolmente più conveniente, il sacrificio totale o parziale del diritto di opzione dei soci". "Ne consegue che sotto il profilo della limitazione del diritto di opzione per i motivi sin qui illustrati la delibera del 20.9.2019 deve ritenersi legittima".