Femminicidi, Bruna Biggi: "Mia sorella Luciana ammazzata da chi ha ucciso ancora"
di Redazione
"Inasprire le pene, perché chi massacra una donna non può pagare solo con 16 anni"
Educare i ragazzi "sin da scuola a riconoscere i segnali di un amore tossico" ma anche "inasprire le pene perché chi uccide una donna non può avere solo 16 anni". Bruna Biggi, sorella gemella di Luciana (nella foto), ha seguito la vicenda della giovanissima Giulia Cecchettin e ripensa a quello che è successo ad aprile del 2006. Quando sua sorella venne trovata sgozzata in strada nel centro storico di Genova.
Per quell'omicidio c'era un sospettato, Luca Delfino, che però per quel delitto è stato assolto: "Un anno dopo ha ucciso un'altra ragazza, Antonella Multari. Dopo quanto fatto a mia sorella poteva essere fermato e non è stato fatto. Doveva essere seguito, controllato, intercettato. E quando lo hanno arrestato non dovevano consentirgli di scegliere il rito abbreviato e farsi solo 16 anni di carcere. Per gente come lui, arrestata in flagranza, ci vuole l'ergastolo. E lui invece adesso è in una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), a pochi passi da casa mia".
"Purtroppo - continua Bruna - chi è direttamente coinvolto non si accorge dei segnali, non è obiettivo. E magari fa l'esatto contrario di quello che ti dice un familiare, un'amica, che ti suggerisce di lasciarlo. Per questo dico che ci vuole un modo per fare capire alle donne quando sono in una relazione malata e riconoscere i segnali. Si dovrebbe insegnare a scuola. E poi ci vogliono pene più severe, potrebbe funzionare da deterrente". Da quei due omicidi "ne è passata di acqua sotto i ponti e ci sono leggi nuove (il reato di stalking venne introdotto dopo la morte della Multari, ndr). Ma deve essere fatto ancora tanto. Anche se, se trovi quello che ti deve scannare, a volte non c'è nulla da fare".
Sulla vicenda di Giulia interviene anche Antonella Zarri, mamma di Alice, la giovane mamma uccisa dal fratello Alberto il Primo maggio 2022. "La vicenda di Giulia mi ha restituito la rabbia necessaria per lottare. Molti esponenti illustri di autorità istituzionali trovano modo di intervenire per rassicurare l'opinione pubblica sulla determinazione dello Stato a perseguire i femminicidi. Il ministro Salvini in testa. Carcere a vita per i responsabili. Buttiamo via le chiavi. Pensiamo forse che così abbiamo risolto tutti problemi?". E continua: "A tutti i responsabili dei femminicidi vengono giustamente inflitte pene pesanti come è giusto che sia. Lo Stato in questo modo può dirsi libero da ogni responsabilità? Assolutamente no".
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