«Era una persona solare, a Musthak non piaceva»: nuove testimonianze sulla morte di Sharmin Sultana
di Emilie Lara Mougenot
La caduta dalla finestra inizialmente classificata come suicidio è ora al centro di un processo per omicidio volontario

La morte di Sharmin Sultana, 32 anni, avvenuta il 7 marzo 2023 a Genova, è al centro di un processo che vede imputato il marito, Ahmed Mustak, 44 anni, accusato di omicidio volontario. Inizialmente considerata un suicidio, la vicenda ha assunto nuove sfumature alla luce delle testimonianze emerse in aula, che delineano un quadro di controllo e tensioni all’interno della coppia.
Testimonianze chiave – “Era una persona solare, a Musthak non piaceva”, ha dichiarato un’amica della vittima in aula, sottolineando come Sharmin fosse una donna indipendente, ma limitata nelle sue libertà. La testimone ha raccontato che Mustak non voleva che la moglie lavorasse e che il giorno della sua morte Sharmin avrebbe dovuto recarsi a un colloquio di lavoro, un dettaglio che potrebbe aver scatenato l’ennesima discussione.Secondo le amiche della vittima, Mustak imponeva divieti stringenti, vietandole di parlare o vedere determinati amici. Rakhy Hossein, testimone chiave del processo, ha confermato questa versione, dichiarando che Sharmin si sentiva sorvegliata e controllata.
Controllo ossessivo – Gli episodi di tensione sarebbero iniziati nel 2016, intensificandosi fino alla tragedia del 2023. Secondo quanto emerso in aula, Mustak la sorvegliava anche di notte per verificare che non usasse il telefono. “Mi aveva raccontato che Musthak veniva verificare cosa faceva alle 2 o 3 di notte”, ha riferito l'amica di lunga data.
Silenzio dopo la morte – Dopo la notizia della morte di Sharmin, Rakhy Hossein ha tentato più volte di contattare Mustak. “Ho chiamato tutti i giorni, ma lui mi ha risposto solo dopo una settimana”, ha raccontato. Quando finalmente riuscì a parlargli, Mustak le disse che Sharmin si era suicidata.
Denuncia al centro antiviolenza – Insospettita dalle circostanze della morte dell’amica, Rakhy Hossein si rivolse a un centro antiviolenza e, non avendo più notizie certe, decise di contattare le forze dell’ordine. A fine marzo 2023, inviò una mail ai carabinieri con l’oggetto “Bisogno di aiuto”, voleva capire se la sua amica si fosse realmente suicidata o se si trattasse di un omicidio.
Dichiarazioni del figlio – Un altro elemento chiave nelle indagini sono state le parole del figlio della coppia, un bambino disabile, che ai carabinieri aveva detto: “Papà ha sbattuto la testa di mamma”. Tuttavia, il presidente della Corte d’Assise, Massimo Cusatti, ha stabilito che queste dichiarazioni non potranno essere utilizzate nel processo, in assenza di una perizia sulla loro attendibilità.
Versione dell’imputato – Ahmed Mustak, arrestato un anno fa, ha modificato più volte la propria versione dei fatti. Inizialmente aveva parlato di suicidio, poi di una caduta accidentale durante un litigio. Gli inquirenti, però, ritengono che l’uomo avesse sottoposto la moglie a continue vessazioni, soprattutto per il suo desiderio di lavorare e rendersi indipendente.
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