"Siamo devastati: il virus ha ucciso 42 nostri degenti, fra cui 4 ultracentenari"
di Michele Varì
Il vice direttore della residenza San Camillo: "Per dieci giorni siamo stati lasciati soli. Il primo tampone dopo un mese"
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"È stato devastante, siamo usciti da questa esperienza disintegrati: fra il 13 marzo e in soli dieci giorni ci sono morti 42 dei 140 ospiti, alcuni dei quali stavano con noi da dieci, dodici anni, non erano numeri ma persone, visi, storie".
A parlare al telefono con una disarmante disponibilità (anche se chiede di non scrivere il suo nome) è il vice direttore della residenza San Camillo di via Chiodo, nella parte del Righi affacciata sull'incantevole panorama di Genova e del suo mare.
"Questa strage ci ha portato via un pezzo di noi e anche quattro ultracentenari, fra cui una donna di 105 anni, il virus ha cancellato una generazione di anziani e tolto anche la possibilità ai familiari di celebrare i funerali, devastante, nulla dopo potrà essere come prima".
Il virus in quel paradiso del Righi si è materializzato il 9 marzo quando molti pazienti quasi nello stesso momento hanno iniziato a manifestare i sintomi chiarissimi del covid-19.
"È stata come un'esplosione, non sapevamo come fronteggiare questa emergenza - ammette il vice direttore della struttura -, e per dieci giorni siamo stati lasciati soli, noi abbiamo subito segnalato quanto stava accadendo, avevamo bisogno di aiuto, ma niente, poi abbiamo cominciato a contare i morti, il primo il 13 marzo, poi tutti gli altri. Ne sono morti 42...", a questo punto il dirigente si ferma, e riprende dopo una pausa.
"Venti sono morti in ospedale, gli altri da noi, di solito in un anno intero non si arriva a un numero di decessi così alto come in questi dieci giorni. Eravamo devastati, eravamo in guerra, abbiamo combattuto con tutte le nostre forze. Sino al 23 marzo, quando si è insediata la commissione di Alisa di Palummeri, siamo rimasti soli. Inviavamo i pazienti in ospedale e ci tornavano indietro. Si figuri che siamo riusciti a fare il primo tampone il 30 marzo, tardi..".
Il responsabile della San Camillo in tutta questo sfacelo e dolore però tiene a elogiare il suo personale, in tutto 120 lavoratori, "sono stati stupendi, hanno dato il mille per mille. E hanno pagato e pagano un prezzo".
Si sono infettati?
"Abbiamo ancora 25 persone in malattia, infettate, medici, infermieri, operatori sociosanitari, tecnici, cuochi, operai, due "os" ricoverati in rianimazione, per paradosso invece i quattro anziani ancora ricoverati negli ospedali stanno bene e sono ormai negativi, guariti perché ormai da noi il picco è passato. Anche se noi, questo è giusto dirlo, abbiamo sempre avuto tutte le disposizioni di protezioni previste dai protocolli".
Ma si poteva prevedere quanto accaduto?
"Non credo, mi pare abbiamo sorpreso tutti, noi a febbraio avevamo limitato l'accesso a un solo familiare, poi a fine mese a tutti, ma non immaginavamo una virulenza così potente".
Come avete gestito i familiari dei degenti in questa emergenza?
Abbiamo cercato di fornire sempre le informazioni mediche me solo nell'ultima settimana è stato possibile ripristinare una comunicazione anche fra degenti e familiari con video, telefonate
La San Camillo è incastonata in un posto splendido, una residenza per vip?
"Macchè, siamo fra le più grandi ma anche con i prezzi più popolari, intorno ai 50 euro al giorno più le integrazioni della Asl, certo alla fine si spende circa mille e 500 euro a persona, ma i prezzi delle residenze sono quelli".
Ultima domanda: c'è un'inchiesta della magistratura su Casa Serena, non avete paura di essere coinvolti?
"Guardi noi abbiamo un'unica certezza: abbiamo fatto tutto il possibile, che sia stato sufficiente non lo so, e poi dal punto di vista emotivo ne siamo usciti disintegrati, i nostri pazienti, glielo ripeto, non erano numeri ma persone".
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