Covid, in sperimentazione l'anticorpo che "spegne" l'infiammazione incontrollata

di Marco Innocenti

E' il frutto dello studio condotto San Martino e Università di Harvard che ha permesso di scoprire il ruolo della proteina Notch4

Una nuova arma contro il covid. Si tratta di un anticorpo, ancora in fase di sperimentazione ma che ha dato già ottimi risultati nel combattere la iper-espressione della proteina Notch4, individuata grazie ad uno studio internazionale coordinato dal professor Raffaele De Palma, immunologo del San Martino e dell'Università di genova, e dal professor Talal Chatila dell'Università di Harvard. Dallo studio è emerso che a scatenare il processo infiammatorio incontrollato che è poi alla base dell'aggravarsi delle condizioni nei pazienti con forme più aggressive della malattia, è proprio la presenza anomala di questa proteina.

"Nel nostro studio - ha spiega il professor De Palma ai microfoni di SaluteSanità - abbiamo osservato che se noi impediamo la funzione di questa proteina, si arriva a spegnere del tutto i sintomi dell'infezione. Questo meccanismo poi non è esclusivo del covid ma di tutti i virus capaci di aggredire i polmoni. Abbiamo quindi prodotto questo anticorpo che si è dimostrato capace di bloccare questo meccanismo in maniera specifica, che potrà essere una nuova arma per combattere questa reazione infiammatoria, con l'indubbio vantaggio che con questo anticorpo noi saremo in grado di spegnere solo quella componente che è dannosa per l'organismo".

"Noi confidiamo molto in quest'approccio - ha aggiunto De Palma - I colleghi di Harvard hanno già fondato una company per arrivare poi a produrre questo anticorpo perché i risultati che abbiamo avuto finora sugli animali ci hanno permesso di arrivare ad abolire del tutto la fase acuta dell'infezione utilizzando una serie di stimoli virali o di proteine che mimano la sindrome virale. Siamo molto fiduciosi che presto potremo utilizzare questi anticorpi nei nostri ospedali. I tempi? Difficile dirlo, specialmente in questo momento. Molto dipenderà dall'atteggiamento degli enti regolatori che recentemente è molto cambiato. Normalmente per un farmaco del genere si deve aspettare 4/5 anni ma se l'attenzione su questa pandemia sarà mantenuta, credo si potrà ridurre a un paio d'anni. Però l'anticorpo è già stato prodotto per l'utilizzo sull'uomo e, in fase 1, ha già ottenuto risultati molto positivi".