Cofferati a 'Tiro Incrociato': le scelte di vita, la Cgil, il Pd di Elly e il racconto del sindaco che ha in mente
di Redazione
di Massimiliano Lussana
Stasera a “Tiro Incrociato” schiera un ospite d’eccezione, Sergio Cofferati, l’uomo che portò tre milioni di persone in piazza al Circo Massimo in difesa dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, in quella che fu la più grande manifestazione di piazza della storia recente italiana. In quel momento, Cofferati aveva in mano il biglietto per diventare il padrone della sinistra e forse anche del Paese, ma fece scelte diverse: sindaco di Bologna e poi, per amore, della sua Raffaella, genovese, e di suo figlio Edoardo, che oggi ha quindici anni, scelse Genova.
Una scelta d’amore rara in assoluto e praticamente unica in politica, che gli fa moltissimo onore.
E oggi, “da papà”, commenta a “Tiro Incrociato” commenta la politica italiana, a partire dal congresso della Cgil di Rimini, proprio lo stesso palco e la stessa città da cui lanciò la grande manifestazione per la difesa dell’articolo 18.
“Giorgia Meloni che interviene al congresso della Cgil? Quando ero io il segretario non sarebbe accaduto. Intendiamoci, abbiamo sempre invitato le istituzioni e i presidenti del Consiglio, di qualsiasi colore politico fossero, ma le delegazioni erano ospiti non relatori al congresso del nostro sindacato. Ma lo dico senza polemica, come semplice iscritto alla federazione pensionati…”.
Cofferati commenta anche l’ipotesi di riavvicinamento al Pd guidato da Elly Schlein: “Conosco benissimo Elly, perché sono stato suo compagno di banco nel gruppo del Partito socialista europeo all’Europarlamento. E’ brava, preparatissima, lavora in modo serio su tutti i dossier e la stimo moltissimo sia umanamente, sia politicamente. Quindi so per certo che proverà a fare cose ottime con il suo Pd. Quello che invece ancora non so è se il Partito Democratico la lascerà lavorare nel migliore dei modi, superando vecchie logiche che sono quelle che mi portarono ad allontanarmi. Quindi sto ancora alla finestra, ma conoscendo Elly so che lei darà davvero tutto”.
La conversazione tocca moltissimi temi, da quelli nazionali e internazionali, sul futuro della sinistra – “deve tornare al suo ruolo, come si può chiamare sinistra una coalizione che fa leggi come il jobs act? Delors lo scrisse chiaramente, poi purtroppo alcuni hanno preso Blair come modello” – al racconto della vita a Genova, da ex sindaco di Bologna che commenta il lavoro del suo “collega Bucci”: “Vedete, fare il sindaco è difficile, anche perché Genova, che è una città splendida, è molto cambiata e sono nati nuovi problemi. Certo, ora grazie al PNRR stanno arrivando moltissimi soldi in città e dobbiamo spenderli nel migliore dei modi. Quello che mi sento di consigliare a Marco Bucci è di ascoltare tutte le istanze del territorio: lavoratori, imprenditori, le rappresentanze del decentramento e decidere con anche il loro parere. Poi, è chiaro che alla fine decide il sindaco e che non tutto si può condividere con tutti, ma una maggiore partecipazione aiuterebbe molto a mio parere”.
C’è anche modo di ricordare le primarie 2015, da cui uscì sconfitto da Raffaella Paita, che poi fu a sua volta sconfitta nelle elezioni vere da Giovanni Toti: “Ma non mi sento affatto il king maker dell’attuale presidente della Regione e delle successive vittorie del centrodestra in tutta la Regione, con la sola eccezione di Savona l’ultima volta conquistata da Marco Russo. Anzi, credo che i king maker di Toti presidente siano stati coloro che – a fronte di almeno tredici casi di sezioni delle primarie con voto irregolare certificato e molte altre con anomalie e casi dubbi – hanno rifiutato di votare nuovamente. Non chiedevo di vincere a tavolino, ma semplicemente di giocare correttamente. Pensate che a Napoli annullarono le primarie per i dubbi su sole tre sezioni, qui invece sono andati avanti come treni verso il disastro. E mi stupisce, ma fino a un certo punto, vedere esponenti dell’attuale partito della mia sfidante di allora essere in giunta con Bucci”.
Un tocco ai rapporti con Fausto Bertinotti (“Il nostro dualismo è stato un genere giornalistico, spesso non abbiamo avuto posizioni comuni, ma eravamo e siamo rimasti molto amici, perché l’aspetto personale deve prescindere dalla diversità di idee, è la base della politica, altrimenti si finisce negli insulti come vediamo spesso”) e uno al futuro del sindacato: “Ammetto che troppo spesso ci siamo occupati solo dei già garantiti, dimenticando altre categorie, con cui spesso era difficile parlare perché conoscevamo poco le loro problematiche. Ma la partita del futuro è proprio occuparsi di loro, di chi non ha voce, dei rider che rischiano la vita per paghe da fame. E’ e sarà la mia battaglia e credo che debba essere anche una priorità del nuovo Pd di Elly Schlein”.
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