Caso Toti: Signorini resta in carcere, rigettata istanza domiciliari, "Pervicacia nella condotta delittuosa"
di Redazione
Secondo i giudici del Riesame dovrà trovare un'altra soluzione abitativa rispetto a quelle proposte

L'ex presidente del porto di Genova ed ex amministratore delegato di Iren Paolo Emilio Signorini resta al momento nel carcere di Marassi dove è recluso dal 7 maggio in seguito all'arresto nell'ambito dell'inchiesta della procura di Genova.
Il tribunale del Riesame ha rigettato l'istanza presentata dagli avvocati Enrico e Mario Scopesi perché le soluzioni individuate per i domiciliari - un'abitazione a Genova messa a disposizione da una parente oppure ad Aosta dal fratello - non sono apparse ai giudici sufficientemente tranquillizzanti circa il rischio di inquinamento probatorio.
Signorini è l'unico tra gli arrestati ad essere finito in carcere mentre i principali coindagati, tra cui il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, erano finiti da subito ai domiciliari. Secondo quanto emerge dal provvedimento tuttavia, se Signorini troverà un'altra soluzione abitativa potrà uscire. La strada che percorreranno i legali sarà dunque quella di presentare una nuova istanza alla giudice Paola Faggioni e nel caso di nuovo al tribunale del Riesame per trovare una soluzione alternativa, probabilmente quella di proporre i domiciliari nell'abitazione di Signorini a Roma, dove vive l'ex moglie.
Signorini potrà andare ai domiciliari non appena verrà trovata dai suoi difensori una sistemazione idonea e a patto che questi domiciliari siano "blindati" con "l'assenza di contatti con persone diverse dai conviventi". Lo scrive il tribunale del Riesame nel rigettare l'istanza degli avvocati Enrico e Mario Scopesi perché le due soluzioni abitative proposte non sono state giudicate adeguate. In particolare visto che l'ex presidente del porto è "privo di mezzi di sussistenza" (è stato recentemente licenziato da Iren senza stipendio) i congiunti dovranno chiarire se intendono o meno "assumersi sia l'impegno a soddisfare le esigenze quotidiane dell'indagato provvedendo a tutte le sue materiali necessità sia l'impegno a provvedere economicamente al suo mantenimento".
Nelle cinque pagine di provvedimento i giudici Massimo Cusatti, Luisa Avanzino e Marina Orsini non entrano nel merito della accuse, visto che l'appello era unicamente sulle esigenze cautelari ma in alcuni passaggi sottolineano le "condotte ampiamente descritte in atti" attraverso le quali Signorini ha cercato di "dissimulare la ricezione delle utilità ricevute" e le definiscono indicative di "una certa pervicacia nella condotta delittuosa" anche recente, con "il nuovo incarico in sede a Iren" spiegano con riferimento alla consulenza da 200mila euro a Mauro Vianello.
Adesso gli avvocati di Signorini dovranno presentare una nuova istanza che soddisfi le problematiche sollevate dal Riesame. In questo modo anche l'ex presidente del porto, unico tra gli arrestati del 7 maggio ad essere finito in carcere, potrà andare anche lui ai domiciliari. D'altronde, secondo il Riesame, dopo il periodo trascorso in cella è "prevedibile" che l'ex presidente del porto si asterrà "dall'espresso divieto di contatti con terzi diversi dai conviventi" visto che sa che questo avrebbe come conseguenza "il repentino aggravamento della risposta cautelare". In altre parole, tornerebbe e immediatamente in carcere.
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