Separazione delle carriere, il procuratore Piacente: "La giustizia ha altre priorità"

di Emilie Lara Mougenot

3 min, 3 sec

Piacente e Vidali sottolineano l’urgenza di altre riforme e criticano la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri

Separazione delle carriere, il procuratore Piacente: "La giustizia ha altre priorità"

Preoccupazione per l'impatto della riforma delle carriere sul sistema della 'giustizia' in Italia: è questo il piatto forte dell'inaugurazione dell'anno giudiziario a Genova. Il riferimento alla prima approvazione della Camera dei deputati della nuova legge, oggetto di una protesta compatta di giudici e magistrati, è entrato nei discorsi del procuratore capo, Nicola Piacente, e della presidente della Corte d'Appello, Elisabetta Vidali. 

Le dichiarazioni di Piacente – Il procuratore capo ha evidenziato il significato simbolico della sua presenza in aula, ritenendola un messaggio di dialogo tra magistratura e istituzioni. “Le esigenze di giustizia dei cittadini vanno oltre la separazione delle carriere”, ha dichiarato, aggiungendo che le priorità dovrebbero essere la riduzione dei tempi dei processi e il potenziamento delle risorse. Piacente ha inoltre sottolineato come l’indipendenza della magistratura sia una garanzia fondamentale dell’uguaglianza dei cittadini.

Il monito di Vidali – Elisabetta Vidali ha insistito sull’importanza dell’autonomia di giudici e pubblici ministeri, considerandola essenziale per la tutela della giustizia. “Affidare il potere disciplinare a una corte esterna al Csm (come prevede la riforma, ndr) ne sminuisce l’efficacia”, ha affermato. Vidali ha anche richiamato la necessità di soluzioni giuridiche capaci di rispondere ai nuovi bisogni sociali, mantenendo l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

Risorse insufficienti – La presidente della Corte d’appello di Genova, Elisabetta Vidali, ha sottolineato con forza la necessità di maggiori risorse per il sistema giudiziario. Durante il suo intervento, ha evidenziato come le carenze strutturali e organizzative compromettano l’efficienza della giustizia, rendendo difficile garantire risposte tempestive alle esigenze dei cittadini.“Le risorse limitate minano l’equilibrio e la collaborazione tra i poteri dello Stato”, ha affermato Vidali, sottolineando come l’indipendenza e l’efficienza del sistema giudiziario dipendano anche da un’adeguata dotazione economica. Secondo la presidente, investire in mezzi e personale è una condizione indispensabile per salvaguardare il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione e assicurare ai cittadini un accesso effettivo alla giustizia.

Il contesto – La riforma costituzionale oggetto di discussione prevede la separazione netta tra giudici e pubblici ministeri fin dall’inizio della carriera e l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura distinti. Inoltre, le funzioni disciplinari verrebbero affidate a un nuovo organo, l’Alta Corte Disciplinare, composto da accademici, avvocati e magistrati esperti.

Le critiche – Secondo i detrattori, questa riforma rischia di compromettere l’indipendenza della magistratura, esponendo i pubblici ministeri a pressioni politiche. Inoltre, si teme che la perdita dell’unitarietà dell’ordine giudiziario possa minare l’efficacia del sistema giuridico. Chi sostiene la riforma, infine, ritiene che essa rafforzi l'imparzialità dei giudici, garantendo una maggiore terzietà nel processo decisionale. Attualmente, i magistrati possono passare dal ruolo di pubblico ministero a quello di giudice e viceversa, il che, secondo i favorevoli alla riforma, potrebbe compromettere la percezione di neutralità del giudice. 

Casi rari -  Di contorno a questo dibattito va comunque precisato che il passaggio da pubblico ministero a giudice nella magistratura italiana è diventato sempre più raro negli ultimi anni. Riforme come il decreto legislativo n. 160 del 2006, noto come riforma Castelli, e la legge n. 71 del 2022, conosciuta come riforma Cartabia, hanno introdotto restrizioni significative a tali cambiamenti di ruolo. Ad esempio, la riforma Cartabia limita il passaggio tra funzioni giudicanti e requirenti a una sola volta nella carriera, da effettuarsi entro nove anni dalla prima assegnazione delle funzioni. Di conseguenza, il numero di magistrati che effettuano questo tipo di transizione è diminuito drasticamente, rendendo tali passaggi eventi eccezionali.

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