"Le sigarette del manager", Bacci Pagano indaga in val Polcevera
di Giulia Cassini
L'ultimo libro di Bruno Morchio per Garzanti presentato alla Feltrinelli di Genova
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Già dalla fascetta gialla che racchiude il libro alla guisa di uno scrigno si legge a chiare lettere "Un autore da oltre 150.000 copie vendute", poi nella riga sottostante "L'investigatore che ha conquistato i lettori": l'uno è Bruno Morchio e l'altro è una delle sue creature più note, l'investigatore privato Bacci Pagano.
Per Garzanti sono già usciti La crêuza degli ulivi, Con la morte non si tratta, Le cose che non ti ho detto, Rossoamaro, Colpi di coda, Lo spaventapasseri, Un conto aperto con la morte, Fragili verità, Uno sporco lavoro. Ora è la volta de "Le sigarette del manager" presentato presso la Feltrinelli di Genova venerdì 8 novembre da Pino Petruzzelli, una vita dedicata al teatro e alla cultura. Il volume inizia con "Presagi", un insistente ronzio e il verso di Giorgio Caproni "Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito. Il mio viaggiare è stato tutto un restare qua, dove non fui mai".
Si ritrova la bellezza, la poesia, la configurazione di certi sistemi dall'architettura al mercato finanziario (che può diventare un mattatoio), la val Polcevera in toto, le sue ferite, l'archeologia industriale, poi una periferia che ha cambiato pelle, fisionomia, identità. Non bastano i "cubi colorati" che attirano il consumo di massa, ci vorrebbe una nuova capacità di reagire, di dare battaglia, di non cercare risposte facili. Una generazione fiera ma toccata dal dolore in una città, come Genova, frammentata, dove spesso l'area in cui si nasce è una cerchia a cui ci si attacca con le unghie e con i denti. Proprio come Oreste Mari, cresciuto a pane e Nutella e al mito della televisione commerciale, che fa di tutto per occultare le sue origini operaie, ma allo stesso tempo non le potrebbe mai abbandonare.
Già scriveva Italo Calvino: "I genovesi si dividono in due famiglie: quelli aggrappati come patelle allo scoglio e quelli che non vedono l'ora di prendere il largo", che in definitiva non sono così tanti. Qui si ritrova della prima stirpe un ingegnere che non è ingegnere, un manager che non è manager: chi è in realtà allora Oreste Mari, l’uomo sulle cui tracce si muove Bacci Pagano, inseguendo un vago odore di fumo e spinto da un’ossessione che lo induce a indagare senza la garanzia d’essere pagato? Mari è un uomo diviso con due vite: una vera ed una fasulla, ma di successo.
"Distruttore e saccheggiatore di destini", lo definisce Bacci, fino al dialogo finale in una fabbrica vuota, uno scheletro, come quelli che si vedono dalla strada ad alto scorrimento con i mattoni alle finestre del primo piano per non far entrare nessuno. Un contesto spettrale dove si troverà una sorta di piccola epifania che consentirà a Bacci di capire qualcosa di più. E' anche presente il tema dei giovani e quello dell'amore dove brilla Giulia Corsini, sempre impegnata, altruista, con l'aspetto fiero e i modi d'una guerrigliera contagiosa.
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