Il calcio non ha inventato nulla, ma Pelè ha inventato il calcio

di Edoardo Cozza

2 min, 25 sec

Gol, finte, assist: una meraviglia continua per chi ha rappresentato l'anno zero di questo sport. E la sua giocata più iconica è forse quella dal finale inatteso

Il calcio non ha inventato nulla, ma Pelè ha inventato il calcio

Il calcio non ha inventato nulla, ma Pelè ha inventato il calcio. Circola un video sui social che è così affascinante da essere quasi disarmante: mostra le giocate di campioni e fenomeni degli ultimi 20 anni e poi, in un parallelo quasi mistico, appaiono le giocate di Pelè. Uguali, identiche, precise a quelle dei suoi successori sul prato verde, ma compiute 50 o 60 anni prima.

Pelè ha rappresentato l'anno zero del calcio. È stato il numero 10 che era un numero tutto, finanche numero 1 (lui, nato Edson Arantes do Nascimento, era soprannominato Pelè perché, dilettandosi in porta da bambino, storpiava il nome dell'estremo difensore Bilè in qualcosa più simile proprio a Pelè). Ha segnato 1281 gol, ha vinto tre Mondiali: uno da predestinato apparso come un'epifania a 17 anni, con due gol in finale contro la Svezia nel 1958; uno più da comprimario, nel 1962 in Cile, senza poter scendere in campo dai quarti per un infortunio; uno da re assoluto del mondo e del calcio, nel 1970, in Messico, con l'Italia che dovette cedere per 4-1 alla squadra probabilmente più forte di ogni tempo. Iconiche le rovesciate, anche quella cinematografica di 'Fuga per la Vittoria', suggestivi i dribbling: per noi italiani resta impresso nella memoria il suo stacco su un Burgnich vanamente proteso al tentativo di marcarlo, ma fu impossibile resistere in aria quanto O Rei, così in alto e così a lungo. 

Forse, però, la giocata perfetta per descrivere Pelè è una finta dal finale imperfetto: sempre in Messico, sempre in quei fantastici Mondiali del 1970. Il Brasile affronta l'Uruguay e Pelè, servito in profondità, vede il portiere uscire: finge di toccare il pallone e beffa l'avversario mandandolo totalmente a vuoto. Pelè da un lato, pallone dall'altro, portiere quasi inebetito dalla meravigliosa intuizione: della giocata sembra compiacersi troppo anche lo stesso numero 10 brasiliano, che a porta sguarnita manda fuori. L'imperfezione di una meraviglia, come solo i più grandi o forse il più grande poteva permettersi. 

Per descrivere la grandezza di Pelè basti pensare che, oltre alle sue gesta, ci sono anche quelle che ha subito: la parata del XX secolo è stata attribuita a Gordon Banks, portiere inglese che si è dovuto inventare una giocata spettacolare come poche nella storia per fermare un colpo di testa del brasiliano. Protagonista, insomma, in tutto. 

Quel Mondiale messicano, che ha suggellato definitivamente Pelè come il più grande, si racchiude in una foto poco calcistica: un teatro di Guadalajara, nello spazio solitmente riservato ai manifesti degli spettacoli, appese un semplice messaggio: "Oggi non lavoriamo, dobbiamo andare a vedere Pelè". 
L'arte che va ad ammirare l'arte: la sublimazione di tutto ciò che era il calcio e l'esempio che ha ispirato tutto ciò che il calcio, da lì in poi, è stato. 
Addio, O Rei.