Guerra in Ucraina, Cosulich a Telenord: "La nostra nave danneggiata dai razzi a Mariupol"
di Edoardo Cozza
Il ceo della 'Fratelli Cosulich': "Mar d'Azov impraticabile, non ripartiamo. Materie prime, diversificare fonti approvvigionamento: servono accordi con Iran"
La guerra in Ucraina colpisce anche la Fratelli Cosulich spa: già nelle scorse settimane il ceo Augusto Cosulich aveva raccontato di quanto fossero importanti gli scambi commerciali dell'Italia col porto di Mariupol, dove si trova ancora una loro nave. Ma il primo pensiero è diverso: "Ovviamente la prima preoccupazione è per la perdita di vite umane: famiglie con bambini distrutte, è una cosa che lascia molto perplessi. Poi c'è la parte lavoro, di minore importanza, ma comunque questa guerrà provocherà un calo del Pil per l'Italia e ci saranno grossi problemi di approvigionamento di gas, di prodotti siderurgici, di grano e altre materie prime".
Ecco, la situazione economica che tocca da vicino anche la Fratelli Cosulich: "A noi interessa moltissimo il porto di Mariupol, abbiamo lì ancora una nave in banchina ed è stata sfiorata da un razzo: piccoli danni riparabili, ma l'equipaggio e il comandante sono in apprensione. Purtroppo ancora non riusciamo a ripartire perché non ci permettono di muoverci e poi perché il Mar d'Azov è minato: siamo in attesa, noi speriamo in un accordo di pace perché la guerra provoca danni enormi anche alla Russia, tanti soldati russi stanno perdendo la vita. Ci sono Stati come Turchia, Svizzera e anche Vaticano pronti a mediare: sono ottimista di natura, spero che la fine sia vicina. Poi certo la ricostruzione sarà complessa e ci sarà da sperare che Mariupol rimanga Ucraina, un'Ucraina neutrale, non iscritta alla Nato, ma che sia indipendente ed esistente".
Gli scambi con l'Ucraina erano fondamentali per tante materie prime, su tutte l'acciaio: "Le acciaierie principali di Mariupol sono state parzialmente danneggiate, nulla di troppo rilevante. Ma comunque bisogna farsene una ragione e quando questa guerra finirà è impensabile pensare che prima di un anno riprenda l'export, soprattutto con gli stessi livelli di prima. E questo vale anche per la Russia, perché se l'Ucraina sta subendo danneggiamenti, lì si è colpiti dalle sanzioni. Noi un errore lo abbiamo fatto: non abbiamo trovato soluzioni alternative per le forniture. Molte aziende si sono affidate a russi e ucraini per la materia prima buona e conveniente, ma non avevamo un piano B, un piano C. E lo stesso errore lo abbiamo fatto per l'approvvigionamento del gas: oltre un terzo arriva dalla Russia, avremmo dovuto avere altre fonti e diversificare. Ora bisogna rivolgersi ad altri mercati, come quello thailandese o brasiliano".
C'è poi un mercato che non dev'essere lasciato nel dimenticatoio, anzi va riscoperto: "Io sono stato recentemente in Iran e c'è una grossa acciaieria lì, peraltro costruita da italiani: è una delle più importanti e potrebbe sostituire benissimo le forniture russo-ucraine, ma ci sono le sanzioni imposte all'Iran. Con Obama qualcosa era stato rivisto, con Trump gli Stati Uniti erano usciti dall'accordo per riaprire anche i commerci, ma ora tutto potrebbe tornare in vigore come riapertura, anche se la Russia sta ponendo dei paletti perché vorrebbe libertà di scambi commerciali con Teheran senza che l'Occidente possa fare altrettanto. I negoziati vanno avanti, ci potrebbe essere una decisione a breve. Per l'Italia riaprire i contatti con l'Iran sarebbe una manna. Anche noi avevamo uffici a Teheran con una bella attività: speriamo che si trovi questo nuovo accordo".
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