Francesco Gerolamo Ansaldo, lo sguardo di un capitano sulla storia dei nostri migranti

di Simone Galdi

Nel libro di Luca Lo Basso una biografia straordinaria, con il contributo della Fondazione Ansaldo

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    Una vita straordinaria, raccontata "in diretta" tra Ottocento e Novecento, su imbarcazioni sempre più veloci e potenti, attraverso mari di speranza e dolore. Si potrebbe riassumere così l'epopea di Francesco Gerolamo Ansaldo, figlio del fondatore dell'omonima azienda, divenuto capitano di bastimenti ed esploratore di paesi e culture lontane, ma anche moderno nocchiero sulle rotte dell'emigrazione italiana di quell'epoca.

    Il libro presentato al pubblico nella giornata di venerdì 11 aprile presso Fondazione Ansaldo è stato curato dal professore dell'Università di Genova Luca Lo Basso, che si è basato proprio sugli scritti originali del capitano, conservati all'interno degli archivi della Fondazione stessa.

     

    L'infanzia difficile e la carriera in mare - Nella particolare biografia curata da Lo Basso, viene descritto il contesto storico che tocca Genova, l'Italia e in definitiva tutto il mondo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, partendo però dal decisivo dato personale del protagonista: "Francesco Gerolamo è figlio di Giovanni Ansaldo, ma dopo due anni il papà muore e dopo altri due muore anche la mamma. Diventa un orfano, cresciuto dallo zio Luigi, che lo indirizzerà poi alla carriera marittima proprio per salvarlo da una gioventù turbolenta". Una storia che si dipana in quegli anni di grande fermento sociale, rimasta impressa nei documenti conservati dagli archivi di Fondazione Ansaldo, come racconta ai nostri microfoni la responsabile Claudia Cerioli: "Francesco Gerolamo inizia giovanissimo a navigare, a soli dodici anni, a bordo ancora dei brigantini a palo, quindi ancora nell'epoca della navigazione a vela. Poi attraversa tutto il periodo della grande emigrazione quindi a fino agli anni Venti, la stagione dei piroscafi a vapore".  

     

    La storia che insegna - "Come noto - ricorda il professore e autore del volume-  a quell'epoca erano gli italiani a scappare dal loro paese, a cercare fortuna dall'altra parte del mondo. Ansaldo ha avuto modo di trasportarne diverse migliaia sulle più importanti navi della Navigazione Generale Italiana. Ma il quadro che ci ha lasciato il capitano è un quadro tristissimo, di persone poverissime che hanno attraversato l'oceano, che si sono ritrovate negli Stati Uniti soprattutto, ma non solo, anche in Sudamerica, in forti difficoltà, cercando fortuna. Qualcuno l'ha fatta, ma la maggior parte di loro è rimasta povera: questo ci deve fare riflettere però sulle politiche dell'epoca e sulle politiche nostre".  

     

    Lo spunto e le fonti - "L'idea nasce dal fatto che il capitano è uno scrittore di alto livello - spiega ancora Lo Basso - O meglio, avrebbe voluto fare lo scrittore, ma poi ha fatto il capitano e ci ha lasciato una quantità di documenti straordinaria". "Solo l'archivio familiare Ansaldo - aggiunge Cerioli - quindi è l'archivio da cui sono tratte queste informazioni è composto da oltre 1500 unità cartacee, a cui si aggiungono centinaia di fotografie: veramente molto, molto materiale. La Fondazione Ansaldo poi, nel suo complesso conserva qualcosa come 60.000 unità archivistiche, circa 100 archivi, oltre 1.000.000 di immagini fotografiche sui più differenti supporti: dalle lastre di vetro ai positivi e negativi, pellicole, diapositive e così via. E poi anche tanti filmati storici, a cominciare dai primissimi anni del Novecento fino ad arrivare complessivamente ai giorni nostri".

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