Energia: impianti eolici in alto mare, aree per la pesca ridotte del 21,6%

di Redazione

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Secondo Consorzio Mediterraneo, l'espansione dell'energia eolica marina sottrarrebbe 17.511 km² alle attività di pesca professionale

Energia: impianti eolici in alto mare, aree per la pesca ridotte del 21,6%

Gli 84 nuovi progetti di impianti eolici off-shore previsti lungo le coste italiane comporterebbero una riduzione del 21,6% delle aree destinate alla pesca a strascico, con un impatto negativo anche sulla maricoltura e su altre attività professionali, come i palangari e le reti fisse. A stimarlo è uno studio del Consorzio Mediterraneo, un centro di ricerca aderente a Legacoop Agroalimentare, che segnala come l'espansione dell'energia eolica marina sottrarrebbe 17.511 km² alle attività di pesca professionale.

Attualmente, l'unico impianto eolico off-shore in Italia si trova a Taranto, ma negli ultimi mesi sono stati presentati numerosi nuovi progetti al Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. Nel dettaglio, sono stati proposti 23 impianti in Sardegna, 22 in Sicilia, 20 in Puglia, 7 nel Lazio, 6 in Calabria, 3 in Emilia Romagna, e 1 in Abruzzo, Basilicata e Toscana, contro i 66 previsti nel 2023.

L'effetto diretto di questi nuovi impianti riguarda la pesca, ma si aggiungono anche problematiche relative alla navigazione e alla presenza dei cavidotti per il trasporto dell'energia a terra. "È necessario ridefinire la localizzazione degli impianti, prevedendo la loro realizzazione all'interno delle aree di protezione ambientale", ha dichiarato Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare. "Inoltre, i cavi di trasporto dell'energia dovrebbero essere interrati e protetti, affinché le imbarcazioni a strascico non siano ostacolate. Dobbiamo anche garantire che la piccola pesca artigianale con attrezzi fissi possa continuare a operare nelle aree occupate dagli impianti."

Lo studio stima che la perdita di superficie disponibile per la pesca potrebbe comportare la perdita di oltre 4.000 posti di lavoro, senza contare il ridimensionamento dell'indotto industriale e commerciale. Le marinerie più colpite sarebbero quelle della Puglia Centrale e Meridionale, della Sardegna Meridionale e della Sicilia Sud-Occidentale. In particolare, si prevede una perdita di oltre 2.000 posti di lavoro nella Sicilia Sud-Occidentale, 1.000 in Puglia, 500 in Sardegna e ulteriori riduzioni in Romagna, Lazio, Calabria e Sicilia Ionica.