E' genovese il più giovane italiano cacciatore di teste

di Redazione

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"Ai ragazzi dico: Bisogna provare e sbagliare, sapendo che fallendo si impara molto di più".

E' genovese il più giovane italiano cacciatore di teste

"Il mio consiglio a un giovane è darsi tempo all'avvio della carriera per provare strade e capire quali sono quelle che lo entusiasmano. Bisogna provare e sbagliare, sapendo che fallendo si impara molto di più". Classe 1990, il genovese Pietro Novelli, a capo della sede milanese della società inglese Oliver James, è il più giovane country manager italiano di un'azienda di recruitment, cacciatore di "talenti" per le aziende, con un curriculum che ne fa un esperto del mondo del lavoro.
"Non c'è una statistica "accertata" in cui figuro come il più giovane - spiega il manager - ma emerge dagli indicatori nei contratti dei dirigenti, e guardando i principali player nel mercato italiano". E' appena entrato, su nomina del ministero del Lavoro, anche a far parte del consiglio di amministrazione di Anpal Servizi, l'agenzia nazionale che opera nel campo delle politiche attive per il lavoro. Selezionato da Fortune Italia nella lista dei giovani manager di talento "40 under 40", Novelli guida, alla Oliver James Italy, un team di 60 persone. "Eravamo in 6 quando, a gennaio 2017 aprimmo la filiale di Milano" racconta.
Liceo scientifico a Genova, università a Manchester, stage fra Shanghai e l'Inghilterra, Novelli entra nel 2014 in Oliver James a Manchester, società specializzata in recruiting di professionalità nei settori tech, digital e finance, e da lì avvia il mercato italiano, fino appunto al ritorno "a casa" con l'apertura dalla sede milanese che in 5 anni si consolida arrivando a un fatturato complessivo di 11 milioni. Da gennaio è responsabile anche dell'avvio del mercato spagnolo dove aprirà la prima sede, a Madrid, fra marzo e aprile 2023. Del mercato italiano del lavoro sottolinea il mismatch fra domanda e offerta.

"Il report di Anpal e Unioncamere - spiega - dice che la quantità di posizioni richieste dalle aziende che restano scoperte perché non si trovano candidature adeguate viaggia sul 40%, contro il 38% dell'anno scorso. E uno dei motivi è la mancanza di formazione". La fuga dei cervelli? "Forse quello che dobbiamo provare a fare è importare noi talento dall'estero"