Wartsila sposta la produzione motori da Trieste alla Finlandia: lavoratori in corteo anche a Genova

di Marco Innocenti

La decisione dell'azienda sancisce di fatto il licenziamento per 471 dipendenti: si temono ripercussioni anche per lo stabilimento genovese

Dopo quelli di Ansaldo Energia, a incrociare le braccia e scendere in piazza oggi sono stati i lavoratori di Wartsila. L'azienda, specializzata nella creazione di sistemi di propulsione per la navigazione, ha infatti deciso di dismettere uno dei suoi stabilimenti, quello di Trieste, e spostarlo a duemila chilometri di distanza, precisamente a Vassa in Finlandia, paese dove la multinazionale ha la sua sede. Questo però ha di fatto sancito il licenziamento per ben 471 dipendenti e oggi, per protestare contro questa decisione improvvisa, i lavoratori di Wartsila hanno manifestato anche a Genova, occupando il varco portuale delle Grazie. Oltre alla solidarietà con i colleghi di Trieste, ovviamente, c'è anche il timore che questa scelta possa avere ripercussioni sullo stabilimento genovese.

Vogliamo dire no a questo piano scellerato dell'azienda – commenta Luca Marenco della Fiom Cgil Genova – I lavoratori di Genova dicono che questo stabilimento non si tocca perché ha già patito una profonda riorganizzazione negli anni precedenti e non possiamo subire altri tagli”. “Protestiamo contro la logica della macelleria sociale delle multinazionali, fatta di esuberi, lavoratori per strada, famiglie in ginocchio solo per la mancanza di profitto – sottolinea Fabio Carbonaro, membro della segreteria Fim Cisl Liguria – Anzi, per mancanza di eccessivo profitto perché Wartsila oggi realizza guadagni ma licenzia ugualmente”.

La protesta dei lavoratori è proseguita poi con un corteo che, dopo aver attraversato le vie della città, è risalito verso piazza de Ferrari dove una delegazione è stata ricevuta dall'assessore regionale allo sviluppo economico Andrea Benveduti. 

Non possiamo far altro che offrir loro il nostro sostegno e la nostra solidarietà – ha commentato Benveduti – Siamo convinti che questi siano campanelli d’allarme che debbano far riflettere a un ripensamento, in generale, del ruolo dello Stato in economia e, nello specifico, della cantieristica navale da qui ai prossimi trent’anni sullo scenario nazionale come imperdibile filiera industriale di interesse nazionale. Perdere Wärtsilä, che tra diretti e indiretti offre lavoro a circa 5 mila lavoratori in Italia, e in generale questo genere di produzioni e competenze, significherebbe perdere un patrimonio occupazionale, di know-how e di professionalità che non possiamo in alcun modo permetterci”.