L’onorevole CASU è il primo firmatario un’interpellanza urgente sugli intendimenti in ordine all’implementazione delle risorse finanziarie destinate al trasporto pubblico locale, per un celere rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto, nonché per una riforma del settore.
“Questa interpellanza urgente è il coronamento di un lungo percorso di momenti di confronto in Commissione e in Aula su un tema che è al centro delle problematiche che vivono ogni giorno tutte le persone del nostro Paese. È un problema che riguarda tutti e che riguarda soprattutto le aree interne, le periferie e le realtà dove è sempre più difficile arrivare, sempre più difficile tornare e sempre più difficile muoversi”, afferma Casu.“Ora, è chiaro che noi lo abbiamo fatto – prosegue il deputato – attraverso una risoluzione in Commissione, che ha indicato chiaramente l’enorme crisi del trasporto pubblico locale. Ci siamo confrontati per mesi, maggioranza e opposizione, su queste questioni, con tutti i soggetti che si occupano di questo tema sul territorio. Abbiamo votato una mozione in Aula a maggio. Come Partito Democratico, abbiamo chiesto fortemente un intervento che andava nella direzione di potenziare il Fondo nazionale dei trasporti e, a fine luglio, un altro ordine del giorno è stato approvato.
Però, questa interpellanza pone una questione centrale, che è il punto delle condizioni sempre più difficili delle lavoratrici e dei lavoratori. Quando noi abbiamo presentato l’ordine del giorno a luglio, è stato accolto, anche con il voto della maggioranza, ma con una riformulazione in cui veniva chiesto di togliere il riferimento a quanto il potenziamento del Fondo nazionale fosse indispensabile per garantire il rinnovo dei contratti. Noi non siamo riusciti a trovare una spiegazione e speriamo che questa possa essere l’occasione per avere questa volontà, però una cosa ci teniamo a mettere in evidenza: la dinamica inflattiva e la transizione energetica riguardano tutti.
Se la Conferenza delle regioni ha indicato chiaramente che nel bilancio 2025 – anzi l’avevano chiesto nel bilancio del 2024 e, non essendo stato fatto, hanno rinnovato la richiesta – servono almeno 800 milioni di euro per adeguare il Fondo nazionale trasporti a quello che fa già adesso, quindi non per dare più soldi ma per dare lo stesso valore alle risorse che sono già erogate, se tutti i sindacati (CGIL, CISL, UIL, FAISA-CISAL, UGL) stanno ponendo la questione del rinnovo di tutti i contratti che sono scaduti e servono almeno 900 milioni di euro, se queste cifre (900 milioni di euro per il rinnovo dei contratti; 800 milioni di euro per l’adeguamento alla dinamica inflattiva) sono cifre che sono indicate da tutti i sindacati, dalla Conferenza delle regioni – e la maggioranza dei presidenti delle regioni non sono certo esponenti del Partito Democratico, sono esponenti di forze politiche che oggi sostengono la maggioranza – da tutte le imprese (da AGENS, da ANAV, da ASSTRA), se tutto questo si sta muovendo, indicando chiaramente che serve un intervento strutturale, significa che questo intervento strutturale sul potenziamento di queste risorse non è più rinviabile.
Noi, come opposizione, abbiamo presentato tutti gli atti possibili e con l’interpellanza di oggi lo ricostruiamo questo percorso di azioni, ma chiediamo al Governo di rispondere.
Se non rinnoviamo questi contratti, non consentiamo ciò alle lavoratrici e ai lavoratori dei trasporti, semplicemente non troveremo più nessuno – e sta già avvenendo – disponibile a fare l’autista, perché, se aumenta il costo di tutto e l’unica cosa che non aumenta è il reddito dei lavoratori del trasporto, è chiaro che questo lavoro sarà destinato a non trovare più persone disponibili a portarlo avanti. Per un lavoratore e una lavoratrice che guadagnano così poco, rinunciare al proprio salario per aderire allo sciopero significa rinunciare a un pezzo di vita, alla possibilità di andare magari a prendere l’unica pizza che si prende durante tutto il mese, perché tu, nel momento in cui scioperi, rinunci a un una parte del tuo salario di quella giornata e, se tutti i sindacati hanno indetto per l’8 novembre uno sciopero di 24 ore senza fasce di garanzia, vuol dire che ormai siamo arrivati al punto di rottura, da questo punto di vista. Significa dire a persone, che hanno pochissimo, di rinunciare a quel poco per segnalare non solo qualcosa che riguarda il loro diritto al giusto salario o alla sicurezza del lavoro, ma qualcosa che riguarda il diritto alla mobilità di tutti e di tutte. Chi è in prima linea vede negli occhi ogni giorno il disagio che si ha nel trasporto pubblico. Un disagio che cresce più ti allontani dal centro della città, più arrivi verso le periferie, più arrivi verso le aree interne. Vedi quanto diventa difficile tornare, quanto quell’ultima corsa o quella prima corsa che viene cancellata o che non si realizza significa non poter più accompagnare i figli a scuola o non poter più tornare dall’università.
Tutto questo significa che è un problema che non può più continuare a essere ignorato e sottovalutato.
Tra le ingiustizie, c’è un tema gravissimo, che è quello della sicurezza del lavoro. Ora, noi abbiamo avuto, anche in questo mese di agosto, un fenomeno crescente di aggressioni nei confronti del personale e spesso le aggressioni non sono solo nei confronti del personale, ma anche nei confronti dei mezzi. Addirittura ho letto di una molotov lanciata nei confronti di un mezzo pubblico nelle ultime ore.
Ecco, di fronte a questi fenomeni, che sono anche espressione violenta di un disagio crescente, c’era uno strumento, un protocollo siglato dal precedente Governo nell’aprile 2022. Non è stata presa alcuna azione concreta per applicarlo fino al 5 settembre di quest’anno. Quindi, un protocollo che è rimasto inattivo fino al 5 settembre di quest’anno, quando finalmente è stata fatta una riunione con i sindacati e con le imprese per darvi attuazione.
Oggi, come Partito Democratico, abbiamo interpellato in maniera urgente sia il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sia il MEF… Benissimo, la questione dei criteri è aperta. L’abbiamo detto con la nostra risoluzione: il criterio storico deve essere superato; bisogna adeguare ai cambiamenti in atto, ai chilometri, al numero di persone …ma, nel frattempo che discutiamo su come fare nuovi criteri, se non si mettono i soldi nella prossima manovra finanziaria, questo Governo, il Governo Meloni, condanna il trasporto pubblico locale a livello nazionale a fallire, dà il colpo di grazia a una situazione che è già in profondissima crisi. Non si può evadere da questa responsabilità politica, che è nazionale, perché, quando l’8 novembre si fermeranno tutte le città, nessuno pensi di dare la colpa a quei lavoratori, perché sono lavoratori che stanno rinunciando a una parte importante del loro magro salario per difendere un diritto di tutti, che è il diritto alla mobilità. Nessuno pensi di dare la colpa ai sindacati, tra l’altro tutti i sindacati, perché stanno difendendo il diritto di quei lavoratori a un giusto salario e a un lavoro sicuro. Nessuno pensi di poter dare la responsabilità ai sindaci, in uno scaricabarile impossibile, perché i sindaci cosa possono fare nel momento in cui non ci sono le risorse nemmeno per adeguare i costi? Nessuno pensi di dare responsabilità delle imprese, perché tutte le imprese hanno indicato chiaramente che così non si può andare. Gli unici responsabili del fatto che si bloccherà il trasporto quel giorno – e non solo quel giorno perché sarà sempre peggio se non si invertirà questo trend – saranno la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il Ministro Salvini”.
Wanda Ferro, sottosegretaria di Stato per l’Interno, nella sua replica sottolinea che “il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti è impegnato nella realizzazione di una serie di misure per il potenziamento del trasporto pubblico locale, volte in particolare a garantire il miglioramento della qualità del servizio per i cittadini. Una sfida che il MIT vuole perseguire in una costante sinergia con le amministrazioni territoriali.
Ricordo, infatti, che entro il 2026, in linea con gli obiettivi fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, verrà rinnovata significativamente la flotta degli autobus adibiti ai servizi di trasporto pubblico locale e, contestualmente, sono previsti rilevanti investimenti per il potenziamento del sistema ferroviario regionale e dei sistemi di trasporto rapido di massa, tra cui metro, tram, bus rapid transit.
In tale contesto, nel corso della legislatura corrente, una particolare attenzione è stata dedicata ai profili legati alla sicurezza, con la riattivazione del tavolo previsto dal protocollo per la promozione della sicurezza nel processo di sviluppo del trasporto pubblico locale e regionale tra Stato, regioni, associazioni datoriali e sindacati. In un recente incontro, avvenuto lo scorso 5 settembre, si è convenuto sulla necessità di strutturare una sede istituzionale a livello nazionale di monitoraggio, consultazione, confronto e proposta sui temi della sicurezza nel servizio di trasporto pubblico locale e regionale. In particolare, è stata prevista la possibilità di ampliare le funzioni dell’Osservatorio nazionale per la promozione del trasporto pubblico locale e regionale, attraverso la costituzione di tavoli tecnici finalizzati all’elaborazione di proposte. Le riunioni delle prime sedute dei suddetti gruppi di lavoro sono state già convocate per il prossimo mese di ottobre.
Inoltre, ricordo che lo scorso 17 aprile è stato emanato il decreto ministeriale n. 108, che ha definito i requisiti tecnici delle protezioni per i veicoli adibiti a servizio di linea utili a garantire la sicurezza degli operatori di guida.
Con riguardo alla richiesta di implementazione del sistema di finanziamento pubblico nazionale, rappresento che il Fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale è stato progressivamente aumentato, a partire dal 2022, da circa 410 milioni di euro e andrà a stabilizzarsi nel 2026, con una dotazione complessiva pari a 5 miliardi e 270 milioni.
Con riferimento alla richiesta di avviare un’analisi della struttura delle competenze, si evidenzia che le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione in materia di servizi di trasporto pubblico locale sono attribuiti alle regioni in virtù della riforma del titolo V.
Si rappresenta che, in applicazione dell’articolo 27 della legge n. 50 del 2017, è in corso l’attività per l’individuazione corretta dei livelli adeguati di servizio uniformi sull’intero territorio nazionale, per la cui determinazione è stato istituito un apposito gruppo di lavoro costituito da MIT, MEF, rappresentanti delle regioni, ANCI e Autorità di regolazione dei trasporti. La definizione dei livelli adeguati di servizio consentirà di poter meglio determinare la qualità e la quantità dei servizi necessari ad assicurare un trasporto pubblico locale capillare e più efficiente, con conseguente quantificazione delle risorse necessarie per garantire la copertura. Dal confronto con i soggetti coinvolti, in particolare con gli enti territoriali, emergerà l’effettivo fabbisogno della domanda di mobilità pubblica e potranno essere valutate le misure e le azioni più adeguate a rispondere efficacemente alle esigenze rilevate, incluse quelle, più volte promosse, dello spostamento modale dal trasporto privato a quello pubblico.
Circa il contratto collettivo nazionale di lavoro di settore, si evidenzia che la tematica è strettamente connessa alle relazioni industriali tra associazioni datoriali e sindacati, ferma restando la disponibilità del MIT a svolgere un’attività di mediazione tra le parti interessate”.
Il deputato Casu nella replica si dichiara “totalmente insoddisfatto”.
“Non trovo – afferma Casu – che sia questo il modo di scaricare l’interpellanza, liquidando un’interpellanza sul rinnovo dei contratti delle lavoratrici e dei lavoratori nelle ultime due righe, quasi come se il tema del rinnovo dei contratti sia una cosa che attiene strettamente alle relazioni industriali tra le imprese e i sindacati, rinnovo che, con l’attuale dotazione economica, è impossibile, e nella risposta viene ribadito che entro il 2026 si ritiene di attestare la cifra a 5 miliardi e 270 milioni. Lo ripeto, perché evidentemente ciò che abbiamo scritto in un anno di atti non è sufficientemente chiaro: la Conferenza delle regioni, che è composta principalmente da presidenti di regione che sostengono questo Governo, ha messo nero su bianco, in più occasioni, che servono almeno 800 milioni di euro per l’adeguamento all’inflazione e questo significa non dare soldi in più, ma dare gli stessi soldi, nello stesso valore, a quelle che sono le imprese dei trasporti, e servono almeno 900 milioni di euro per fare il rinnovo dei contratti delle lavoratrici e dei lavoratori del settore. Se non arrivano queste cifre, se la manovra 2025 non riequilibra pesantemente questo Fondo, il rinnovo dei contratti è impossibile e la logica conseguenza è avere, l’8 novembre, uno sciopero di lavoratrici e lavoratori che rinunceranno a una parte consistente del loro magro salario per rivendicare il diritto alla mobilità di tutte e tutti noi.
Non è una questione di politica industriale, ma è una questione di tenuta sociale del Paese, perché se si ferma il trasporto pubblico locale si ferma il Paese e non potete restare al Governo tenendo la testa sotto la sabbia, perché la sabbia sta franando nel momento in cui noi abbiamo una situazione così grave: 24 ore di sciopero, senza fasce. I calcoli che avete fatto non tornano, non stanno tornando. Andate, provate a usare il trasporto pubblico locale per raggiungere un’area interna o per arrivare in una periferia; vi renderete conto che già adesso la situazione è insostenibile e l’inflazione galoppa per tutti, ma galoppa pure per i trasporti. Non si può pensare.
Viene, purtroppo, da credere che quello che ci siamo sentiti dire in Aula quando abbiamo affrontato la mozione, sia, a questo punto, il disegno politico del Governo. Perché, quando abbiamo presentato la mozione, abbiamo posto questi argomenti e abbiamo detto al Governo: prendiamo coscienza della situazione e della crisi gravissima. Perché, quando CGIL, CISL, UIL, FAISA-CISAL e UGL sottoscrivono un documento e indicono tre scioperi consecutivi in questo modo, significa che tutti i sindacati sono coinvolti.
Quando AGENS, ANAV e ASSTRA, insieme, sottoscrivono prese di posizione, significa che tutte le imprese sono coinvolte”.