Tirreno Power, il pm chiede 3 anni e 6 mesi per 24 imputati

di Redazione

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Le emissioni nocive avrebbero procurato gravi danni alla salute dei residenti della zona

Tirreno Power, il pm chiede 3 anni e 6 mesi per 24 imputati

Il pm di Savona Elisa Milocco ha chiesto tre anni e 6 mesi di reclusione per 24 imputati, all'ultimo atto del processo Tirreno Power, cominciato il 31 gennaio 2019, che vedeva rinviate a giudizio 26 persone, tutte dirigenti o ex dirigenti della centrale di Vado Ligure, con l’accusa di disastro ambientale e sanitario. Per Jacques Hugé è stata chiesta l'assoluzione, mentre un altro imputato è deceduto nel corso del procedimento. Nel fascicolo del pm, tra i rilievi mossi all’azienda, i mancati investimenti di Tirreno Power per limitare l’inquinamento, a partire dalla mancata copertura del carbonile, il posizionamento del sistema di monitoraggio delle emissioni sui camini della centrale.

“Tirreno Power gestiva un’attività pericolosa – questa la tesi del pm, fondata sulle consulenze tecniche - e non è sufficiente la mera presenza di una autorizzazione e dire che l’attività non superava i limiti di legge, perchè di per sé non sono sufficienti a escludere danni alla salute. L’inquinamento andava ridotto il più possibile. Il gestore ha ignorato gli studi scientifici e i segni di allarme legittimamente sollevati degli enti locali”.

Tra i punti evidenziati dalla rappresentante della pubblica accusa, “la trascuratezza del profilo ambientale e sanitario, alla quale si è accompagnata una scarsa trasparenza, la società non ha mai avuto un piano industriale prima del 2023. E’ chiaro che l’attività della Tirreno Power è stata finalizzata a massimizzare i profitti e a contenere i costi. Questo è dimostrato dall’anidride solforosa prodotta, dalla mancata copertura del carbonile, la distribuzione di ingenti somme. Fino al 2013 ha sfruttato i gruppi a carbone sapendo che erano inquinanti perchè obsoleti. La volontà di realizzare il VL6 era stata abbandonata, la realizzazione del carbonile era antieconomica, non c’erano i presupposti della prosecuzione dell’attività. Le violazioni hanno cagionato un rischio alla salute, l’attività imprenditoriale non può compromettere la salute”. Invece “Tra il 2003 e il 2012 ogni anno è stato bruciato un milione e mezzo di tonnellate di carbone, nello stesso periodo le tonnellate di SO2 prodotte sono state oltre 52mila, di queste 21mila sarebbero potute essere evitate“.

I gruppi a carbone furono sequestrati nel marzo 2014 dalla Procura di Savona. Secondo Francantonio Granero, allora procuratore capo oggi in pensione, le emissioni di tali impianti avrebbero determinato un aumento dell’inquinamento, incidendo sulla mortalità dei residenti, tesi consolidata da una serie di studi legati sia alla crescita dei licheni che alla diFfusione dei tumori e malattie dell’apparato respiratorio.