Sampdoria, Raab a Telenord: "Contro Vialli e Mancini nell'88 un'esperienza indelebile"

di Simone Galdi

L'ex giocatore del Carl Zeiss Jena ricorda la sfida di Coppa Coppe: "Il mio gol? Bello ma fortunato"

La leggenda del Carl Zeiss Jena Jurgen Raab ai microfoni di Telenord ricorda la mitica sfida di Coppa delle Coppe, tra la Samp d'oro di Vialli e Mancini e la formazione tedesco-orientale, un anno esatto prima del crollo del Muro di Berlino.

A fine intervista, Raab ha voluto lanciare un messaggio al Mancio, suo ex avversario, mostrando grande rispetto per l'ex giocatore blucerchiato oggi allenatore dell'Arabia Saudita.

"Per noi del Carl Zeiss quella Coppa delle Coppe 1988-89 era un ritorno in Europa: dopo la cavalcata del 1981, la finale persa contro la Dinamo Tbilisi, nella squadra c'era stata una grande involuzione. Nel 1988 eravamo giovani, giocammo la finale di Coppa di Germania Est contro la Dynamo Berlino, perdendo con sfortuna ai supplementari, ma ci qualificammo per la Coppa Coppe. Al primo turno eliminammo gli austriaci del Kremser, vincemmo per 5-1 qui a Jena. Poi incontrammo questa squadra giovane, la Sampdoria. Era una grande esperienza per noi, una grande avversaria, sapevamo sarebbe stato difficile eliminarla. In entrambi gli stadi ci fu il pienone, una splendida atmosfera, soprattutto nello stadio a Genova che veniva ricostruito per il Mondiale. Fu fantastico.

 

Ho sempre portato il numero 10, anche se avevo ereditato il 9 ad inizio carriera dalla leggenda Pietro Ducke. Ma mi sono sempre sentito un 10 come posizione e se dovevo scambiare la maglia volevo la 10 degli avversari. E' bello avere un ricordo e poi all'epoca Mancini era in Nazionale, come Vialli, e guardando alla carriera che ha fatto è fantastico avere ancora la sua maglia.

 

Fare il calciatore in Germania Est non voleva dire essere importanti per il governo e i dirigenti. Era un lavoro come un altro. Erano più importanti gli sport olimpici, perché dalle discipline classiche si possono ottenere più medaglie d'oro olimpiche. Dal calcio ne poteva arrivare solo una, da un nuotatore anche 6 o 7. Questo ci impediva un vero sviluppo del calcio di club. Mentre i grandi club europei potevano scegliere i migliori giocatori del mondo, noi dovevamo guardare solo nella nostra zona. Io venivo dalle giovanili locali come molti altri, e poi ci confrontavamo direttamente con i top team europei. Il governo ci rimproverava per i risultati, ma c'era troppa differenza. E i tifosi ci hanno sempre rispettato e seguiti, sapeva che ci impegnavamo.

Il mio gol è nato da una palla lunga, ero un po' stanco in quel momento, ho lasciato rimbalzare la palla e mi sono detto che se avessi calciato bene, avrei avuto un'occasione per segnato. E forse sono stato un po' fortunato, lo ammetto. Allo stesso tempo, a pensarci è stato l'ultimo gol nelle coppe europee per il Carl Zeiss Jena.  In quel momento non l'avremmo mai pensato.

All'epoca della partita non avremmo mai pensato che un anno dopo sarebbe caduto il Muro di Berlino. Pensavamo solo all'eliminazione e alle partite successive. Ma poco a poco sono arrivate notizie delle proteste nelle città, come a Lipsia, e poi la spinta di Gorbaciov ha fatto cadere il Muro.

All'epoca non ero così euforico, perché ero stato in altri paesi europei, Spagna, Belgio, sapevo che anche lì non era tutto perfetto. Ma finalmente avevamo la libertà, una nuova vita, il marco tedesco in tasca, si poteva capire l'euforia. E' sbagliato dire alla gente che non puoi muoverti: quello è stato un grande errore. Se le persone si sentono imprigionate, quello è l'errore più grande che puoi fare come governo."